Luana Izzo, attrice e formatrice con la compagnia Primomito di Castel San Giorgio parla dei benefici sulla personalità del provare a recitare. In forte aumento gli allievi delle scuole di settore
«C’è tanto lavoro dietro una scuola di formazione teatrale, ma in tanti non lo immaginano». Parte da questa semplice constatazione di Luana Izzo, attrice e formatrice teatrale di Primomito, compagnia teatrale di Castel San Giorgio, una chiacchierata sul perché cresca il numero delle persone che chiedono di iscriversi a questo tipo di scuole.
– Luana, quanto e perché affascina il mondo teatrale?
«Negli ultimi anni devo dire che molte sono le persone che si avvicinano al teatro, di differenti fasce di età e con motivi diversi, soprattutto spinti dalla curiosità».
– E quindi, non tutti arrivano con le idee chiare …
«Quando qualcuno per la prima volta si avvicina ad un laboratorio teatrale, immagina di ricevere il classico copione da dover recitare, invece resta sorpreso e affascinato perché quello che scopre è ben diverso da cosa immagina».
– Perché, cosa scopre?
«Che il laboratorio è uno spazio di gioco, sperimentazione. Tanti sono gli esercizi proposti per conoscere meglio se’ stessi, interagire col gruppo, gestire lo spazio, riscoprire la fiducia in sé e negli altri, comunicare e lavorare sulle proprie emozioni e poi lavorare su strumenti come corpo e voce, attrezzi fondamentali per l’attore».
– La comunicazione diventa quindi un nodo centrale?
«La comunicazione è fondamentale: l’attore recitando comunica qualcosa a sé stesso e agli altri, ma ciò che accade durante il laboratorio è che si impara a conoscere sé stessi e a comunicare le proprie emozioni in modo più consapevole. Spesso si ha paura di comunicare e nell’era digitale ci si affida sempre di più a messaggini o ai social, perdendo però la cognizione di sé e l’interazione con gli altri. Durante i laboratori, invece, anche le paure più nascoste vengono fuori, le insicurezze, la voglia di raccontarsi, ed è così che si utilizza la recitazione per parlare attraverso il corpo e la voce. Inoltre si dà libero sfogo alla creatività facendo parlare la propria personalità senza paura di essere giudicati per questo».– Hai un’esperienza che puoi raccontare?
«Mi viene in mente la preparazione dello scorso spettacolo di fine anno con il gruppo degli adolescenti. Invece di fornire, durante i laboratori, copioni editi, preferiamo sempre lavorare sulla scrittura creativa ed è proprio lavorando sulle emozioni che è nato uno spettacolo dal titolo “I colori delle emozioni”, dove i ragazzi hanno voluto parlare delle loro esperienze, di ciò che non riuscivano a comunicare in altro modo come ad esempio il dolore per la lontananza di un genitore, la solitudine dell’essere figlio unico, l’amarezza per il litigio con un amico, i primi amori. Hanno insomma lavorato su sé stessi mettendosi a nudo e lanciando messaggi importanti sia dal punto di vista personale che dal punto di vista sociale raccontando, per esempio, di tematiche a loro vicine come il bullismo e come fronteggiarle. Ne è uscita fuori una pièce teatrale che ha emozionato molto gli spettatori ma soprattutto ha fatto riflettere le famiglie».