Il brand journalism come concreta opportunità occupazionale per i giovani che vogliono fare della comunicazione il proprio lavoro: questo l’argomento centrale della settima lezione del corso di formazione organizzato dall’associazione “EsseInfo”
di Gaetana Attanasio
Un ennesimo successo quello ottenuto dal corso di formazione per aspiranti professionisti dell’informazione targato Gigi Di Mauro, direttore della testata online “il Risorgimento Nocerino”, e Annamaria Barbato Ricci, giornalista di lunga data.
Lunedì 9 aprile, presso l’aula magna del liceo classico “Giambattista Vico”, un folto gruppo di giovani ha preso parte a una lezione tenuta dal professor Roberto Zarriello, docente di comunicazione digitale e social media alla Università Pegaso e personalità di spicco nel campo della digital comunication. Zarriello ha presentato alla platea un modo di intendere l’informazione poco conosciuto in Italia fino a qualche anno fa, il brand journalism.
«Fare brand journalism (in italiano giornalismo del marchio) – chiarisce il docente – non significa descrivere semplicemente le caratteristiche del prodotto o del servizio di un’azienda, significa raccontare in maniera oggettiva tutto l’universo in cui gravita l’azienda. Oggi tutte le imprese, indifferentemente dalla loro grandezza, dovrebbero ragionare da media company – continua Zarriello – e il brand journalism potrebbe venire in loro soccorso facendole uscire dall’attività classica dell’ufficio stampa: anziché inviare comunicati a riviste di settore, o pubblicarli senza nessuna accortezza sulle pagine dei maggiori social network, le ditte potrebbero avvalersi di un team di esperti e costruire il proprio brand magazine online. In questo modo l’azienda ha un suo portale, crea le notizie da sé, non deve attendere i tempi e gli spazi dei giornali».
«Qual è il compito del brand journalist?» è il primo interrogativo che l’interessato pubblico rivolge al relatore.«Il brand journalist – risponde il professore – è una persona in grado di creare contenuti originali e crossmediali, che possono, cioè, essere veicolati su diversi media. È importante sottolineare che un giornalista del marchio non pubblicizza un prodotto, lo racconta utilizzando le tecniche giornalistiche più adatte. Un bravo divulgatore del brand, per prima cosa, stila un completo piano di comunicazione in modo da rendere fruibili i suoi contenuti a un pubblico certamente più ampio rispetto a quello delle riviste di settore».
A questo punto sorge spontanea la domanda: «Le aziende di piccole o medie dimensioni sono in grado di sostenere i costi per far partire questo tipo di progetto?».
Zarriello risponde secco: «Basterebbe riversare nel brand journalism il capitale che solitamente le aziende investono nella pubblicità tradizionale: manifesti, locandine, banner su internet».
Quella del brand journalism è, dunque, una realtà strutturata e in costante crescita anche in Italia, una strada percorribile da tutti coloro che vogliano fare del giornalismo la propria professione.