Antica città greca, affacciata sul Golfo di Patti in provincia di Messina, definita da Cicerone «nobilissima civitas». È un luogo dove trascorrere, fra cultura e paesaggi straordinariamente belli, una vacanza indimenticabile
di Maria Barbagallo
La città di Tindari venne fondata nel 396 a. C. dal tiranno di Siracusa Dioniso I come colonia della Magna Grecia. Prese il nome di Tyndaris in onore del re di Sparta Tindaro, sposo di Leda e padre putativo di Elena e dei Dioscuri Castore e Polluce.
Nel 257 a.C. la flotta romana sconfisse i cartaginesi e la città divenne un’importante base navale. Nel 36 a.C venne conquistata da Augusto e prese il nome di Colonia Augusta Tyndaritanorum. I resti della città antica si trovano nell’area archeologica, dove si possono ammirare la basilica, un intero quartiere con terme, taberne, abitazioni e dimore patrizie. Gli scavi archeologici hanno messo in luce mosaici, sculture e ceramiche. Ben visibili ancora le mura della città: quello che colpisce il turista è la bellezza del teatro greco, risalente al IV secolo e ristrutturato in epoca romana. Meraviglia dell’ingegneria acustica, dal 1956 ospita un festival con spettacoli di danza, musica e teatro.
La maggiore attrazione turistica è il suo santuario situato su un promontorio nell’antica acropoli, al cui interno vi è custodita la statua di legno di cedro del Libano della Madonna Nera bizantina, seduta con in braccio il Bambino. Il culto per questa Madonna risale probabilmente al periodo dell’iconoclastia, movimento religioso sorto durante l’impero bizantino. Leone III imperatore d’Oriente, nell’anno 726 proibì con un editto il culto delle statue sacre e ordinò la loro distruzione. Secondo la leggenda i fedeli affidarono la Madonna ai marinai di una nave proveniente dall’Oriente. Mentre navigava nel Tirreno la nave fu colta da una tempesta notturna e riparò nella baia di Tindari. Al mattino i marinai volevano ripartire ma la nave sembrava essersi incagliata. Quando lasciarono la cassa contenente la Madonna, la nave potè riprendere il largo. La statua venne portata sul colle soprastante in una piccola chiesa, che dovette essere ampliata per ospitare i numerosi pellegrini che venivano da ogni luogo per venerarla. Il 7 settembre in onore della Madonna Nera, vi è una processione durante la quale numerosi pellegrini gremiscono Tindari.Appena fuori dal santuario, dalla terrazza a picco sul mare, si gode di un panorama mozzafiato che va da Milazzo alle Isole Eolie, fino ai Monti Peloritani. Ai piedi del promontorio vi è la spiaggia sabbiosa con il laghetti di Marinello, specchi d’acqua che si modificano con le mareggiate. Tindari offre anche percorsi enogastronomici. Qui si produce il Mamertino DOC, vino citato nel «De bello gallico» di Giulio Cesare, che brindò con questo nettare al suo terzo consolato. E non mancano le citazioni nella letteratura, dapprima con Cicerone nelle sue «Verrine», passando per Quasimodo che le ha dedicato il suo componimento «Vento a Tindari» e per finire con Camilleri che l’ha scelta per uno dei racconti del suo romanzo più celebre, «Il commissario Montalbano», ne «La gita a Tindari».