Tutti i numeri, i segreti e le procedure che ci permetteranno di ottenere Camera ed il nuovo Senato. L’analisi degli scenari possibili conferma la grande incertezza
di Ettore Verrillo
Il 4 marzo si svolgeranno le elezioni legislative per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, e potranno votare i cittadini che hanno rispettivamente raggiunto i 18 ed i 25 anni di età.Salvo scioglimento anticipato, le Camere durano in carica 5 anni e quella che si aprirà con l’insediamento dei nuovi Deputati e Sanatori sarà la XVIII legislatura repubblicana.
Il sistema elettorale prevede l’elezioni dei Deputati (630) e dei Senatori (315) con sistema misto, per 2/3 proporzionale e per 1/3 maggioritario.
La differenza fra i due sistemi sta nel fatto che, da una parte (maggioritario) avremo dei collegi uninominali a turno unico in cui si sfideranno deputati (232) e senatori (116) di diversi partiti o coalizioni fra cui verrà eletto esclusivamente il più votato/a; dall’altra (proporzionale) esistono collegi plurinominali in cui verranno eletti deputati (386) e senatori (193), in base al calcolo proporzionale dei consensi ricevuti dalle liste nei collegi, con un’ulteriore ripartizione in base ai voti ricevuti dalle singole liste a livello circoscrizionale e nazionale, oltre ad alcuni deputati (12) e senatori (6) eletti nelle circoscrizioni estere. Alla luce di quanto fin qui riportato, emerge chiaramente che non si vota il Governo che esercita il potere esecutivo, ma solamente per il Parlamento e, difatti, vengono definite elezioni legislative proprio perché consentono di eleggere i rappresentati del potere legislativo. Pertanto, è importante ricordare che la nostra è una Repubblica parlamentare in cui è il Presidente della Repubblica a nominare il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri (articolo 92 della Costituzione, comma 2).
Così composto, il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (articolo 94 della Costituzione, comma 1) ed entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia (stesso articolo, comma 3). Ciò non vuol dire che il Presidente della Repubblica non debba tener conto del risultato elettorale per l’indicazione della persona a cui affidare l’incarico di formare il Governo, ma che le sue valutazioni non si baseranno sul numero di voti raggiunto alle elezioni da una o più liste, ma sulla possibilità che la persona a cui è affidato l’incarico sia in grado di formare un Governo capace di raccogliere la maggioranza dei voti nelle due Camere (fiducia) e, per tal fatta, può essere scelto anche un cittadino comune che non è stato eletto e non ha partecipato alla tornata elettorale.
Dunque, anche se la legge elettorale prevede che ogni lista indichi un “capo politico”, questo non crea alcun vincolo costituzionale nè per il partito, nè per il Presidente della Repubblica, nell’indicazione del Presidente del Consiglio incaricato. Una volta ottenuto l’incarico di formare il Governo, la persona indicata dal Presidente della Repubblica inizia le proprie consultazioni con le forze politiche presenti in Parlamento che si concludono con il voto di fiducia in entrambe le Camere o con la rimessione dell’incarico nelle mani del Presidente della Repubblica, che in totale autonomia può dare l’incarico ad un’altra persona o procedere allo scioglimento delle Camere, indicendo nuove elezioni.
Concludendo, se nessuna delle coalizioni presenti alle elezioni raggiungerà il 50% più 1 dei seggi alla Camera (316) ed al Senato (158), la composizione della maggioranza sarà una difficile operazione che vedrà il Presidente della Repubblica, i “capi politici” dei partiti ed i parlamentari, impegnati dopo le elezioni a creare una maggioranza parlamentare, in base ai risultati che ogni lista avrà ottenuto, al numero dei rispettivi Parlamentari, ed alle possibili alleanze fra questi.