«Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo analfabeti», dice il redivivo duce nella pellicola che mette allarme sui pericoli della sfiducia nel mondo politico
di Gerardina Cetrangolo
«Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo analfabeti»: queste le parole del personaggio di Luca Miniero, interpretato da Massimo Popolizio in “Sono tornato”, il film in onda nelle sale riporta in vita – cinematograficamente parlando – il duce in una commedia satirica.
È, in effetti, il remake di “Lui è tornato”, film tedesco del 2014 tratto dal romanzo di Timur Vermes che resuscita Adolf Hitler nell’odierna Berlino. A piazza Vittorio a Roma, all’improvviso, riappare Benito Mussolini proprio nel giorno della sua morte (28 aprile). Il duce si ritrova nel 2017 e pensa di poter riconquistare il Paese. In un primo momento viene scambiato per un pazzo, ma poi Andrea Canaletti, interpretato dal giovane youtuber Frank Matano, un giovane regista precario (che inizialmente lo crede un comico), pensa di trasformarlo in un personaggio famoso prima sul canale youtube ed in seguito in un reality televisivo. Il messaggio del regista è che se oggi in Italia ritornasse Mussolini vincerebbe le elezioni: non a caso il film esce nelle sale ad un mese dalla tornata elettorale delle politiche. Secondo Miniero l’Italia è rimasta fascista: oggi ci sarebbero nel Paese le condizioni che consentirono l’avvento del fascismo con la marcia su Roma. Ci sono delle interviste fatte alla gente vera dove viene chiesto cosa pensa del fascismo:
Mussolini: Sareste d’accordo su una dittatura?
Pizzaiolo: Ma una dittatura libera, però. Una dittatura non troppo dittatura.
Mussolini: Un partito solo?
Pizzaiolo: Massimo due.
È in queste interviste, fatte sotto forma di documentario dove le persone non sanno di essere parte di un film (hanno il volto oscurato), che emerge tutta la sfiducia nella democrazia e nella politica, perché ormai i partiti guardano esclusivamente al proprio interesse personale, perdendo di vista i veri valori del fare politica, dell’essere al servizio del cittadino che sceglie liberamente di conferire al politico “onore” e da qui appunto l’appellativo di onorevole. Viene fatta una rappresentazione della società in cui viviamo davvero spaventosa e tragica, però il regista lascia che sia lo spettatore a giudicare. Ciò che emerge è che l’italiano di oggi (2018) non ha più memoria del fascismo, di quello che è stato, delle leggi razziali, delle deportazioni e i milioni di morti, anzi guarda alla dittatura e al “dux2018” con indulgenza, e infatti le reazioni sono le più disparate: da chi si fa i selfie a chi fa il saluto fascista, e tra applausi e grandi risate troviamo anche qualcuno che protesta. Il nostro compito non è quello di giudicare, l’ha già fatto la storia. Il nostro dovere è quello di imparare dagli errori del passato sperando di riuscire ad agire sempre per il bene del Paese.