Nino Maiorino, emigrato a forza a Cava de’ Tirreni dopo il terremoto dell’’80, parla del suo rapporto con il “frate terribile” su cui tanto si è narrato nella città metelliana, e che ha ritrovato pace nel convento di San Francesco

Tutti mi conoscono come ex nocerino; nato e cresciuto a Nocera, ben radicato fino a dicembre 1980, me ne sono poi distaccato in quanto, venuto ad abitare a Cava dopo il terremoto del novembre 1980, giocoforza ho dovuto gradualmente tralasciare le conoscenze cittadine, pure se non ho mai dimenticato le amicizie e tutte le cose belle della città e del circondario e, particolarmente, il periodo della mia infanzia e della mia gioventù.

E tra i numerosi bei ricordi mi rimane indelebile quello della frequentazione del santuario francescano di Santa Maria degli Angeli, conosciuto come San Francesco al Campo (perché vicino al campo sportivo di Nocera Inferiore); il confine tra le due Nocera, Inferiore e Superiore, è proprio tra il campo sportivo e il santuario, e nonostante quest’ultimo sia nel comune Superiore, che è quello più a Sud, veniva frequentato più dai nocerini “inferiori” i quali percorrevano anche chilometri, all’epoca a piedi, per recarvisi dal centro della città.
In tante occasioni, e particolarmente in alcuni periodi dell’anno, le file dei fedeli che si recavano al santuario di San Francesco al Campo erano interminabili, specialmente nel periodo che precedeva la Santa Pasqua, in quanto il solenne rito della Via Crucis, che si svolgeva appunto a San Francesco, era qualcosa di spettacolare perché sapientemente organizzato per ricordare la passione di Gesù Cristo; la vivace, e all’epoca giovane, comunità francescana nocerina, della quale facevano parte anche valorosi compositori di musiche liturgiche come gli indimenticati Buondonno, padre Enrico e padre Serafino, che erano non solo ottimi esecutori ma anche celebri compositori (padre Enrico ha lasciato una buona raccolta di opere musicali), era arricchita da una ottima scuola di canto composta da numerosi giovani frati.
Il rito della Via Crucis era una occasione unica e molto sentita di partecipazione al periodo che anticipa la Pasqua e la commemorazione delle sofferenze patite da nostro Signore, dalla cattura nell’orto degli ulivi, alla deposizione dalla croce, coniugava il momento religioso e musicale divenendo uno spettacolo religioso di grande intensità e valore. E tra i tanti che nelle settimane prima della Pasqua si recavano a San Francesco per quel rito, c’ero anch’io, spesso gravato dal peso di un grosso registratore a bobina sul quale tante volte ho registrato quel rito e le celebri e toccanti musiche, le preghiere per ogni singola stazione della via della croce e le omelie di grandi predicatori i quali, spesso, più che predicare, recitavano e colloquiavano con i fedeli; purtroppo col terremoto del 1980 è andato tutto perduto.
Chi non ha partecipato a tutto questo non può comprendere il fascino che quelle funzioni religiose avevano e la presa che esercitavano sui fedeli. Tutto questo ho ricordato la notte del 24 dicembre quando ho partecipato nella basilica, che non frequento più con assiduità, alla Santa solenne celebrazione natalizia notturna anche per salutare padre Luigi Petrone, che da Cava recentemente è stato lì trasferito “d’autorità”, e che ho avuto la gioia di vedere finalmente sereno: forse a Nocera ha riacquistato quella serenità e quel riposo che l’intenso periodo cavese gli avevano tolto.
Quando gliel’ho detto ho notato sul suo viso una nota di mestizia, ma ho visto con grande gioia ciò che da anni non vedevo: una espressione di serenità che, oltre a far bene a padre Gigino, fa piacere a tutti coloro che per anni l’hanno seguito e apprezzato nella ricostruzione della basilica e del monastero di Cava.
E chi sa che, nonostante il tempo trascorso, grazie alla intraprendenza di padre Gigino, non si riescano a ripetere parte di quelle solenni celebrazioni e, particolarmente, del rito della Via Crucis, che qualche anno addietro, con la collaborazione proprio di padre Gigino e di padre Remigio, che nel convento di Nocera aveva raccolto tutti gli spartiti musicali, e con la collaborazione del maestro Felice Cavaliere e del Coro metelliano, ho avuto il privilegio di rievocare nelle due chiese francescane di Cava e di Nocera.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

Lascia un commento