Il deserto dell’Oman farà da sfondo alla sperimentazione agricola, realizzato da ASI, ENEA e Università di Milano, per riprodurre la vita dei coloni su Marte

di Alina D’Aniello

Avete presente la scena del film “The Martian”, quando Matt Damon, abbandonato su Marte perché creduto morto, sopravvive anche grazie al suo ingegno nel riuscire ad avviare e mantenere un orto? Ebbene, quello appena citato, è diventato un vero e proprio progetto della comunità scientifica.

Uno degli incarichi, nelle quali cinque astronauti della missione internazionale Amadee-18 saranno impegnati, è infatti riguardante la manutenzione di un orto marziano. Realizzata da ASI, ENEA e Università di Milano, la sperimentazione partirà da febbraio 2018 avrà luogo nel deserto Dhofar, in Oman.
Essendo stato costituito da poco, la coltura non vanta un’ampia gamma di prodotti agricoli: al momento, il contenitore di 4 metri quadrati contiene pochi ortaggi, tra cui cavolo rosso e una varietà particolare di radicchio.
Questi prodotti, selezionati perché completano il loro ciclo vitale breve tempo, circa 15 giorni, offrirebbero un corretto apporto nutrizionale agli ipotetici coloni di Marte. Inoltre, non trattandosi di una coltivazione intensiva, essa è condotta attraverso il riciclo dell’acqua e senza l’uso di sostanze chimiche, quali pesticidi e antiparassitari. 
Obiettivo dell’esperimento di biologia delle piante HortExtreme, infatti, è quello di produrre piante in condizioni di vita estreme. HortExtreme interno 1“Ci stiamo organizzando per il sostentamento dei primi coloni marziani in vista delle future missioni”, ha dichiarato Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio Biotecnologie dell’Enea. “Durante la sperimentazione – spiega ancora Benvenutola crescita e l’irrigazione delle piante sara’ controllata da remoto e agli astronauti spettera’ solo seminare quando arriveranno sul posto, seguire la crescita delle piante e l’accumulo, nelle colture, di sostanze attive antiossidanti utili al nutrimento”.
Invece, il responsabile dell’Unità Volo Umano e Microgravità dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Gabriele Mescetti, ritiene che questa tipologia di test sul campo “Abbia un enorme potenziale di trasferimento delle conoscenze per la soluzione di problemi quali la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica sul nostro pianeta”.

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