La signora Pina, già docente di chimica al liceo ginnasio Giambattista Vico, ci ha lasciato ieri. Il ricordo personale di Annamaria Barbato Ricci
Ci sono persone preziose che, pur non facendo parte della nostra famiglia, paiono possedere con uno di noi delle misteriose affinità elettive. Persone con le quali basta uno sguardo per intendersi. La signora Pina Cuomo Trezza ha svolto questo ruolo nella mia esistenza: oggi che non c’è più, essendosi conclusa in maniera repentina la sua lunga vita, ricca di soddisfazioni e di vittoriose ‘battaglie’, per me è come se si fosse spenta una fiammella di speranza, un rapporto fecondo di dialogo intellettivo. Perché, al di fuori dello stretto giro familiare e sentimentale, in questi ultimi 30 anni, è Lei che ha rappresentato uno dei miei vincoli affettivi con Nocera Inferiore.
Ci sentivamo vicine – e ce lo dicevamo, nel corso dei nostri incontri conviviali – nel rifuggire ipocrisie e perifrasi mondane; sapevo che comprendeva le mie ribellioni alle sterili convenzioni, la mia passione per la cultura. Il suo approccio scientifico, per la Laurea in Farmacia presa quando a terminare il corso di studi all’Università era il 2% delle donne o giù di lì – un po’ in più per le materie letterarie – le donava una razionalità pratica, un’analisi strategica delle situazioni tali da forgiarle una mente da leader. E’ stata una fucina di mille soluzioni, anche originali, lungo strade inedite, a cui chiedere un consiglio sapendo di rivolgersi a chi, con preveggenza, era in grado di indicarti la risposta giusta. Parlavo degli ultimi 30 anni. Ai tempi dell’infanzia e dell’adolescenza, la signora Pina, pur amica di mia madre, era per me la mamma di Antonio, compagno di lezioni di ginnastica presso la palestra del professore Alfonso Belli. Antonio, però, aveva una predilezione per mia sorella, più vicina a lui per età. Da Ida e Giosi, le figlie, mi dividono pochi anni ma, quando si è molto giovani, sono quelli che bastano a non far nascere la frequentazione che hai con le compagne di scuola. L’amicizia fra i miei zii e mia madre col marito, il dottor Nino Trezza, valente chirurgo, datava dagli anni della gioventù e dell’Azione Cattolica; più volte il suo provvidenziale intervento professionale aveva risolto questioni di salute in famiglia.
Al Liceo avevo incrociato la “professoressa Cuomo Trezza” quale severissima insegnante di Chimica; se devo essere sincera fino allo spasimo (e Lei l’apprezzerebbe), il fatto che il suo omologo insegnante della sezione A fosse meno esigente, quasi mi pareva un vantaggio, vista la mia allergia per le materie scientifiche.
Il trait d’union fra noi fu quando, finito il Liceo, iniziai a scrivere su “Il Risorgimento Nocerino”. Il marito fu fan della prima ora di quella sarcastica ‘Alma’ di Mondogatto, la rubrica satirica ricca di firme importanti come Peppino Natale, Pino Villani e altri. E, in casa, parlava alla moglie di questa ragazzina aspirante giornalista.
Tanti anni dopo, la signora Pina me lo raccontava e io me ne sentivo fiera come se mi avessero assegnato il Pulitzer. Il loro è stato un matrimonio meraviglioso, di amore, rispetto, comprensione profondi. Un matrimonio da prendere a modello, fra quelle che possono chiamarsi ‘anime gemelle’. Un uomo illuminato, il dottore Trezza: perché all’epoca non erano in tanti i mariti in grado di apprezzare di confrontarsi da pari a pari con la moglie; la massa preferiva la consorte sottomessa, con una soggettività inconsistente o poco più. Insomma, l’angelo del focolare, intellettualmente poco impegnativa; invece, per Pina Cuomo Trezza l’impegno in casa e per i figli si accompagnava a molte altre sfaccettature dell’impegno quotidiano, giacché la Natura l’aveva dotata di una personalità forte e assertiva, dalla dialettica efficace e intrepida, senza perifrasi.
Leader, dicevo: lo era fra il folto gruppo di amiche e conoscenti; lo era a prima vista, s’imponeva anche con un solo sguardo, quasi una didascalia del suo pensiero. Aveva anche il carisma di una leader, riuscendo a conquistare il centro del palcoscenico con un eloquio sincero, talvolta fin troppo. Inchiodata lontano da Nocera per motivi professionali, non ci sarò a darle l’ultimo saluto. Certamente, tanti miei concittadini e persone che l’hanno apprezzata incontrandola si raccoglieranno intorno a Lei, per dimostrarle il loro affetto. Forse il destino, però, mi ha spinta verso una strada più consona ai miei sentimenti profondi: non sarebbe stato per me un ‘ultimo’ saluto. La ‘signora Pina’, come l’ho sempre chiamata in cuor mio, rimarrà incisa dentro di me quale amica ‘vera’, diretta e leale anche nei rimproveri, donna capace di realizzare concretamente le sue idee. Abbraccio con affetto Ida e Michele, Giosi e Peppino, Antonio e Raffaella, prosecutori degli ideali di una mamma e suocera così ‘speciale’.