L’ultimo suo concerto in città, in piazza degli Eventi, il 5 agosto 2016. Ora fa anche parte della Commissione Cultura per gli spettacoli dal vivo del MIBACT
di Annamaria Barbato Ricci
“San Prisco fa bene ai ‘furastieri’”, sospira qualche nocerino Doc, riprendendo un leit motiv dei nostri avi. “Nemo propheta in Patria”, la locuzione è di Gesù e viene riferita da tutt’e quattro gli evangelisti.
Insomma, è difficile che un luogo tributi onori a chi vi è nato. Nella mia serie di ritratti di nocerini che si sono distinti nel mondo ho un nuovo ospite: Massimo Iannone, tenore di fama internazionale, nato, come tanti cinquantenni suoi coetanei, alla clinica Sant’Anna da una famiglia di Sperandei (ovvero, via Filippo Dentice d’Accadia), che torna in città sporadicamente, ma mai ha perso le sue forti radici sul territorio.
«Sento forte il mio legame con il Risorgimento Nocerino – inizia a raccontarsi, quando c’incontriamo all’Auditorium Parco della Musica, lui lì per le prove di un concerto che, poi, ha avuto luogo la stessa sera, io in missione per i nostri lettori – Mio padre ne era un affezionato abbonato e fu il ‘suo’ giornale di riferimento ad annunciare la mia nascita, con le parole confettate che si usavano ai tempi. Mi descrivevano come un bel bimbo e non mentivano: ero un neonato gigante, pesavo 6 chili e nacqui con una folta capigliatura. Conservo ancora quella pagina, trasmessami dai miei genitori e la considero di buon auspicio per una carriera che mi ha portato molte volte sui giornali».
Il percorso scolastico di Massimo fino alla licenza liceale scientifica è tutto a Nocera Inferiore: elementari alla Ugo Foscolo di Capocasale, con l’insegnante de Maria; medie alla Solimena; poi il Liceo Scientifico, ancora ai tempi ubicato in un palazzo in via Martinez y Cabrera:
«Ricordo il mitico professore Albano di Italiano e Latino – narra Massimo – e la professoressa Lella Persico Maranca di Filosofia. A lei devo il mio primo abbonamento al San Carlo, per tre anni siamo andati insieme a Napoli a seguirne la stagione: è stato un passaggio importantissimo per la mia formazione».
Sin da bambino, però, Massimo era conosciuto per la sua voce, esibendosi dai 5 anni in poi alla parrocchia del Corpo di Cristo e a Sant’Antonio.
«Di pari passo con la scuola, dall’età di dieci anni studiavo pianoforte col maestro Vincenti di Sarno – evoca tempi lontani, quaranta e più anni fa – Con il suo insegnamento mi preparai agli studi accademici: prima per il diploma del 5° anno, poi, appena finito il Liceo, per l’ammissione al Conservatorio San Pietro a Majella a Napoli».
– I tuoi genitori ti favorirono in questi tuoi studi?
«All’inizio erano scettici. Erano rimasti ‘bruciati’ da mio fratello Antonio, maggiore di me di diversi anni, che aveva puntato i piedi per ricevere in regalo un armonium professionale, per studiare musica. La sua vocazione era durata l’espace d’un matin e l’armonium era stato rivenduto. Fu però Antonio, spesso deus ex machina della mia vita, a donarmi un organo giocattolo della Bontempi che accese in me la passione per il pianoforte. Raggranellai i regali di Natale in denaro e mi pagai il primo mese di lezioni di pianoforte: l’insegnante convinse i miei genitori che avevo buona predisposizione per la musica, tanto che, con sacrificio, acquistarono per me prima un organo grande, poi un pianoforte verticale».
– Dunque, Guido e Antonietta Iannone sognavano per te un futuro musicale?
«Non subito. Alla fine del liceo, mia madre insisteva affinché m’iscrivessi all’Università, in quanto, a suo modo di vedere, il Conservatorio e il canto lirico non erano in grado di darle quel figlio ‘dottore’ che sognava. Le riserve di mamma e papà si sciolsero solo quando, alcuni anni dopo, debuttai col mio primo concerto al convento di Sant’Antonio, con la collega Margherita Pucillo, nocerina acquisita e oggi artista del San Carlo. Da allora in poi divennero i miei primi fan, seguendomi in ogni concerto io facessi, anche all’estero. Sento fortemente l’assenza del loro caldo incoraggiamento, ora che non ci sono più».
– So che sei anche nostro ‘collega’.
«Sì, son diventato pubblicista nel periodo ‘napoletano’ della mia vita, quale critico musicale e cronista di politica culturale, facendo il praticantato presso Il Giornale di Napoli, Napoli City e altre testate specializzate. Il mio tesserino risale al 1987. Concentravo però tanta energia nel canto, perfezionandomi per tre anni a Mantova con Ettore Campogalliani, figura storica dell’insegnamento (suoi allievi furono Mirella Freni, Renata Tebaldi e Luciano Pavarotti), a costo di grandi sacrifici e gelidi viaggi notturni in treno pur di non mancare alle lezioni del Conservatorio. E, poi, ebbi un colpo di fortuna…».
– Quale?
«Con un audace colpo di mano, riuscii ad attirare l’attenzione del compianto Alfredo Kraus, dal punto di vista tecnico il più grande tenore del secolo. Mi perfezionai con lui con una serie di lezioni fiorentine, dopo aver seguito una sua Masterclass. Ai tempi gravavo ancora sulle finanze familiari e sono grato ai miei genitori per i grandi sacrifici fatti per sostenermi. Comunque, pur rispettando gli impegni di studio, mi applicavo per raggranellare il mio argent de poche. Ricordo che, per cantare e suonare la Tredicina di Sant’Antonio, padre Guglielmo mi pagava 100mila lire; per le messe di suffragio ricevevo 2.500 lire e per i matrimoni 10mila».
– Come avvenne il tuo trasferimento a Roma?
«Già ai tempi del Conservatorio a Napoli avevo iniziato una carriera solistica, oltre che in musica cameristico-sinfonica. Nel 1988, dopo il diploma, affrontai il primo concorso, a Santa Cecilia, vincendolo al primo colpo».
– Di cosa della nostra Nocera hai nostalgia?
«La vita cambia la nostra prospettiva di luoghi e persone, per cui, mentre da ragazzo vivevo la città come una gabbia, ora che sono approdato alla maturità, intrecciando la mia carriera con la mia anima di instancabile viaggiatore – posso dire di conoscere l’Asia palmo a palmo – l’amore per le mie radici e l’attrazione verso il calore degli affetti familiare mi fanno provare quel pizzico di saudade tale da farmi ritornare in città contento di ritrovarmi in un luogo che mi appartiene».
– Ci hai raccontato la carriera fino all’approdo a Santa Cecilia. Ora proviamo a concentrare trent’anni di carriera.
«Certo non è facile: oltre al lavoro a Santa Cecilia, circa vent’anni fa ho dato vita ad una mia realtà musicale, fondando un gruppo di cantanti lirici, l’Ensemble Voci Italiane, rendendoci ambasciatori nel mondo della canzone napoletana. Abbiamo percorso le vie del pianeta, esibendoci con le star più famose, come Elton John, o accompagnando i volteggi del Cirque du Soleil oppure con i grandi della musica della classica come il pianista Michele Campanella e il direttore d’orchestra americano Kent Nagano. Ho voluto condividere con i miei concittadini la gioia di un nostro recital il 5 agosto del 2016, in piazza Municipio, un concerto che mi porto nel cuore. Vennero in tanti: gli amici di una vita con cui ho condiviso le ore di scuola o in parrocchia, oppure persone che non conoscevo, ma che vollero manifestarmi stima e affetto».
– Qualche aneddoto divertente?
«Vi porto in Costarica, intorno ai primi anni 2000: in un’esibizione al Teatro Nacional di San José fummo omaggiati dagli spettatori con una pioggia di rose. Avemmo alcuni passaggi televisivi con le nostre arie partenopee alla TV di Stato e facemmo anche un concerto sacro alla cattedrale di Gracia, finito col Magnificat di Paisiello.
Al momento dei bis, ecco un colpo di scena legato alla nostra zona: dalla chiesa gremita si alza forte una voce in perfetto dialetto nostrano: “Scusate, mo’ ce facite ‘na canzuncella?”. Autorizzati dal parroco, abbiamo proseguito a cantare per un nuovo concerto. Approdato in camerino, si è presentato per ringraziarci, visibilmente commosso, colui che aveva chiesto ‘a canzuncella, accompagnato da moglie e i figli. Mi ha rivelato di essere originario di Sarno. Dopo 15 anni, non ricordo il cognome. Mi aiutate a rintracciare i suoi familiari in Italia? Quanti possono essere i sarnesi emigrati in Costarica?»
– Ti ho strappato dalle prove e sarai stanco… eppure sei una colata lavica di parole.
«Sono felice di ritornare virtualmente a Nocera. Oggi mi trovi per pura combinazione. Se mi avessi chiamato appena due giorni fa, mi avresti trovato a Londra, dove ho trascorso tre giorni intensissimi e ricchi di soddisfazioni professionali. Si è trattato del mio debutto internazionale quale insegnante in una Masterclass di canto lirico aperta al pubblico, dedicato alla musica operistica italiana. Sono stato ospite dell’Istituto italiano di Cultura in Gran Bretagna che ha una sede spettacolare. Per me è stata una rivelazione: gli allievi entusiasti e il pubblico particolarmente coinvolto mi hanno indicato un nuovo itinerario professionale. E’ su quello che vedo il mio futuro».
– Cantante lirico, giornalista, e poi…
«Non abbiamo ancora parlato del mio impegno sul versante organizzativo-contrattualistico delle Fondazioni ex Enti autonomi. Da tempo partecipo alle commissioni paritetiche dei rinnovi dei contratti e ho dato il mio contributo al ‘Nuovo Contratto Santa Cecilia’, attraverso il quale la nostra Accademia Nazionale è assurta, insieme alla Scala, al rango di ‘eccellenza’ del settore. Inoltre, sono stato chiamato dal Ministro Dario Franceschini, su segnalazione della FISTEL – CISL, a far parte della Commissione Cultura per gli Spettacoli dal vivo del MIBACT».
– Prossimi impegni?
«Prima di tutto… Nocera, dove trascorrerò alcuni giorni nel calore della famiglia. Oltre agli intensissimi impegni ‘ceciliani’, poi, nel mese di dicembre, con ‘Ensemble Voci Italiane’ abbiamo in agenda alcune date in Italia. Ai miei concittadini do appuntamento nel 2018 a Napoli, per la stagione del ‘Maggio della Musica’». Ci salutiamo. Poi gli viene in mente un’ultima cosa ‘nocerina’. «Aspetta, aspetta, devo aggiungere una cosa che mi sta a cuore. Nocera per me è davvero un porte bonheur: lo spettacolo di maggiore successo del nostro Ensemble, che ha fatto il giro del mondo da vent’anni a questa parte – pensate, siamo stati sei volte solo a New York – ebbe la sua prima ufficiale a San Francisco. Quella ‘vera’, di rodaggio, avvenne qualche tempo prima allo Sporting di Nocera Inferiore. Mi offrì quell’occasione mio fratello Antonio, sempiterno ‘risolvi problemi’. Amo incondizionatamente i miei fratelli e sorelle perché mi hanno dato l’opportunità di esprimere la mia vocazione. Vi pare poco?».