È ormai definitivo il trasferimento del contestato frate, ex guardiano del convento cavese di San Francesco e Sant’Antonio, a Santa Maria degli Angeli. Amarezza nella città metelliana
di Nino Maiorino
Si è conclusa la vicenda di frate Luigi Petrone, ex padre guardiano del convento di San Francesco e Sant’Antonio, con il trasferimento da Cava de’ Tirreni al Convento di Santa Maria degli Angeli di Nocera Superiore; il trasferimento è già avvenuto ed ha decorrenza dal 30 novembre prossimo.
Per frate Luigi, padre Gigino per gli amici, il convento e la chiesa di Cava sono un poco come i suoi figli, avendoli fatti risorgere, molto più belli e funzionali di prima, dalle macerie del terremoto del novembre 1980, 37 anni addietro.
Padre Gigino prese le redini del convento poco più di un ventennio fa e, resosi conto che, per un complesso di circostanze ed errori, nessun contributo pubblico sarebbe arrivato per la ricostruzione, si rimboccò le maniche e diede avvio ad una imponente opera di ricostruzione, praticamente senza fondi, ma coinvolgendo i fedeli, non solo di Cava ma dell’intera regione.
E il popolo di Dio rispose con generosità, grazie alla quale l’opera, costata circa 20 milioni di euro, è stata realizzata e pagata, anche con le tante attività che frattanto sono state create intorno al convento, tutte finalizzate a raccogliere fondi.
Non sono state trascurate, nel ventennio di padre Gigino, anche le opere di misericordia, come la mensa dei poveri alla quale quotidianamente accedono tantissimi nullatenenti, pure essa finanziata dalla comunità e dalla popolazione.
In venti anni padre Gigino ha dimostrato cosa si può fare con la volontà, la perseveranza, la grinta, la fantasia, tanto che qualcuno l’ha definito “Imprenditore di fede”. In questo paese chi costruisce e dimostra di saper fare finisce nel mirino non solo degli invidiosi, ma anche di coloro che si sentono colpiti negli interessi economici, come, ad esempio, i commercianti e ristoratori cavesi i quali non hanno mai visto di buon occhio tutto ciò che il convento offriva ai numerosissimi pellegrini che da ogni parte della regione, e anche da altre regioni, quotidianamente venivano in pellegrinaggio e avevano la possibilità di rifocillarsi con spesa contenutissima, e di acquistare ottimi dolci, a prezzi modici, presso la pasticceria del convento.
Di tutto è stato accusato padre Gigino: dispotismo, arroganza, scarsa attenzione per la spiritualità; nessuno però ha potuto dire nulla sulla sua onestà tant’è che è un frate povero come lo era vent’anni fa.
E tanto si è fatto da indurre la Provincia religiosa Salernitano-Lucana, dalla quale il convento dipende, a disporne prima la destituzione dal ruolo e poi l’allontanamento da Cava.
Con la conclusione di questa vicenda chi ci rimette è Cava, che ha perduto non solo l’artefice della ricostruzione del convento e della basilica, ma anche un trascinatore di folle che hanno costituito, nell’ultimo ventennio, i veri finanziatori di quella ricostruzione e i frequentatori assidui della comunità francescana metelliana; ma insieme alla comunità francescana ci rimette l’intera città che ha perduto uno dei pochi veri promotori e organizzatori di attività culturali e artistiche (pure se popolari) e uno dei principali richiami di turisti.
E nel mentre si spera che i frati che l’hanno sostituito a nel convento di Cava siano all’altezza del compito che li attende per non affossare quella la comunità, siamo del parere che la comunità francescana delle due Nocera abbia tutto da guadagnarci giacché Padre Gigino, nonostante l’amaro calice bevuto, ha conservato intatto lo spirito di iniziativa e la grinta realizzativa; se lo lasceranno lavorare certamente potrà fare per molto anche per Nocera, superando il brutto momento che sta attraversando.