L’attraversamento pedonale è ormai affidato all’audacia e alla buona sorte dei pedoni, e il pulsante per azionare l’apparecchio da tempo non funziona. E il 2 novembre si avvicina
di Annamaria Barbato Ricci
“Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.”
I versi della notissima poesia” ‘A livella”, del Principe Antonio de’ Curtis, caro al nostro cuore come Totò, sono il leit motiv di questo periodo che ci avvicina alla ricorrenza della Commemorazione dei defunti.
C’è anche chi, come me, sente nel cuore la necessità di onorare le persone che ha amato e che non ci sono più non con l’imperativo sociale del due novembre, bensì recandosi a visitarle ben più spesso di una volta all’anno.
Mio marito mi richiama alla realtà, dicendomi che basta omaggiare i nostri cari col pensiero, tanto ‘loro’ ci sono sempre vicini, ma io sono testarda e non automunita cosicché lo trascino in quella località che, dai miei familiari anziani veniva chiamata ‘Torricchio’ e seguo sempre lo stesso itinerario cimiteriale. Anzi, stamattina ho fatto una tappa in più, volendo posare un fiore sulla tomba di Valeria Galli, morta qualche giorno fa: le nostre famiglie sono state vicine per almeno quattro generazioni e io ho un vivido ricordo di suo padre, Libero e della sua mamma, Anna Petrosini, elegante signora figlia di un famoso avvocato nocerino, a cui, bontà loro, gli amministratori locali, oltre che omaggiare i loro parenti, padri-zii-cugini, hanno voluto dedicare una strada.
Divagavo. A volte accade, tornando a galla pensieri e considerazioni sulle meschinerie locali.
Vado al sodo, dopo questa lunga premessa: anche stamattina, come da qualche mese a questa parte, avendo mio marito parcheggiato l’auto nel posteggio ‘libero’, sul lato al di là della provinciale che lambisce il Camposanto, abbiamo corso il rischio di fare ‘casa e bottega’, ovvero di essere travolti e seppelliti direttamente nelle nostre cappelle lì di fronte. Infatti, l’attraversamento, prima garantito da un opportuno semaforo, da un po’ di tempo è lasciato all’audacia e alla buona sorte dei pedoni.
Il semaforo è, difatti, diventato lampeggiante e vi è un traffico continuo, molto spesso incurante che lì ci sono tanto di strisce pedonali, circostanza che, in teoria, dovrebbe garantire la tutela di chi ha l’esigenza di attraversare la strada.
Quando è toccato a noi, una sequenza di auto è sfrecciata infischiandosene di strisce e aspiranti attraversatori, con guidatori e guidatrici persino indisponenti nel loro menefreghismo – naturalmente, incollati al telefonino come se fosse una protesi abbarbicata fra orecchio e collo -.
Ora non so di chi sia la competenza della riparazione del semaforo ‘incriminato’, se del Comune o di qualche altra amministrazione (ipotizzo, Provincia o ANAS?).
So, però, che questo semaforo è prezioso e il suo mancato funzionamento rappresenta un pericolo per i cittadini. Non credo che il rimetterlo in uso comporti un costo inaffrontabile per qualsivoglia Ente o che manchino gli elettricisti. Mi sorge il dubbio che sia una specie di invito subliminale a usare i parcheggi adiacenti al Cimitero che sono a pagamento, dunque fruttiferi per il Comune e, soprattutto, se utilizzati, non comportano attraversamenti per varcare la soglia del nostro ‘giardino dei defunti’.
Allora, non è il caso di tenere aperto quel posteggio ‘plebeo’, destinato a chi riesce a trovar posto e così s’illude di risparmiare un mezzo euro, se è fonte di pericolo nell’attraversamento. Oppure si è scelto quel metodo per un’inespressa decimazione della popolazione? Non oso immaginare il tasso di incidentalità nel periodo fatale fra il 31 ottobre e il 3 novembre…