Una serie di luoghi comuni da sfatare, ed anche delle precauzioni da adottare per evitare che i nostri eredi “unici” possano diventare viziati e insicuri
di Gerardina Cetrangolo
Viziati e insicuri o adulti destinati ad avere maggior successo? I figli unici vivono un’infanzia migliore oppure sono più timidi e chiusi rispetto ai loro coetanei con fratelli e sorelle? Stereotipo o realtà? Tanti sono i luoghi comuni sul figlio unico, tanto per cominciare quello di essere “viziato”.
Ma se ci riflettiamo attentamente ciò non dipende dal fatto di non avere fratelli e sorelle, piuttosto dal rapporto che si è sviluppato con le figure di attaccamento. Ne parla ampiamente lo psicologo inglese John Bowlby nella sua celebre teoria sull’attaccamento, nella quale ben espone gli aspetti e i comportamenti che caratterizzano il legame d’affetto del bambino con la madre. Le figure di attaccamento devono essere amorevoli ma allo stesso tempo ferme: è giusto dare attenzioni ma è importante far comprendere la non negoziabilità di alcune decisioni prese da mamma e papà. In poche parole evitare di far diventare il pargoletto il centro del mondo degli adulti di riferimento (genitori, nonni e zii). Negli ultimi anni sempre più coppie decidono di fermarsi al primo figlio, questa non è solo una scelta di vita ma una condizione dettata da una serie di diversi fattori tra cui:
- la situazione lavorativa (quando il lavoro c’è!) sempre più instabile e flessibile;
- le condizioni di vita che ormai sono cambiate, probabilmente non siamo disposti a fare gli stessi sacrifici che hanno fatto i nostri genitori;
- assenza di politiche adeguate a sostenere la famiglia e in particolare le donne che lavorano.
Poi negli ultimi anni c’è stata una ridefinizione dei modelli genitoriali: i padri sono diventati soggetti sempre più coinvolti e responsabili nella crescita dei propri figli mentre prima l’educazione dei bambini era affidata principalmente alle donne che si dedicavano quasi esclusivamente alla famiglia. Oggi esse tendono invece ad essere più orientate a realizzarsi prima professionalmente, e di conseguenza si sposano più tardi e quindi tendono a diventare madri in età più avanzata, giunte alla quale difficilmente si prova ad affrontare una seconda gravidanza.