Un miracolo per la guarigione da un brutto male e gli stretti rapporti tra lui e don Santoriello, zio della moglie, alla base del coivolgimento di Ciro Eboli nella vicenda

Ci sarebbe un miracolo ricevuto da Ciro Eboli alla base del suo coinvolgimento nell'”affaire” casa famiglia che si vorrebbe far sorgere nel terreno adiacente la parrocchia di san Giuseppe, a Montevescovado. Eboli – finito in manette per i suoi rapporti con l’ex boss cutoliano Antonio Pignataro insieme allo stesso, all’ex consigliere comunale Carlo Bianco e a Luigi Sarno, anche lui vicino al boss – è infatti guarito da un brutto male, ed ha attribuito ad un evento soprannaturale questo episodio.

Se poi si aggiunge che Eboli ha sposato una nipote di don Alfonso Santoriello è chiaro anche il perché tra i due ci sia un rapporto stretto. Via via che passano i giorni si aggiungono alla vicenda nuovi dettagli che aiutano a chiarire (sebbene non del tutto) il quadro della situazione: pare che si volesse comprare questo terreno per costruire un centro di assistenza sul territorio già anni fa. Si tratterebbe, nel dettaglio, di un terreno già espropriato dal Comune per metterlo a disposizione dell’IACP, ma non fu mai utilizzato ed è ritornato al proprietario.
Effettivamente, come abbiamo scritto ieri, sono state fatte diverse raccolte di fondi che però non hanno mai raggiunto la somma necessaria. A far da “salvatore” del progetto, dopo la guarigione dal brutto male a seguito di una operazione subita, fu proprio Ciro Eboli, il quale, ci dicono, grazie ad alcune attività gestite poteva muovere quanto mancante all’obiettivo. «Se non fossero saltate fuori le intercettazioni con Pignataro la casa famiglia sarebbe stata cosa fatta», commentano davanti ai bar i nocerini. Sembrerebbe quindi fortemente ridimensionata la vicenda casa famiglia, stando a queste informazioni, anche se restano dubbi su alcune cose cui non sappiamo dar risposta. Ma non tocca – è assolutamente ovvio – a noi cercare spiegazioni. È la Magistratura che farà chiarezza. Noi intanto poniamo le domande che sembrano restare sul tappeto: poteva per legge don Santoriello chiedere la modifica di destinazione d’uso per un terreno che non era di proprietà della parrocchia o della curia?
Non sarebbe stato più semplice, invece di coinvolgere nell’acquisto Eboli rendendolo (come specifica la Magistratura) colui che realmente aveva disponibilità del terreno, accettare la sua donazione e diventarne direttamente i proprietari come parrocchia (o curia)?
Perché, pur avendo questo progetto da così tanto tempo, don Santoriello non ha interloquito (almeno non sembra risultare questo) con l’amministrazione durante tutto il periodo in cui il nuovo Puc è stato in gestazione e aperto ai suggerimenti dei cittadini (e quindi anche del parroco e del vescovo), dovendo poi ricorrere all’intermediazione di Carlo Bianco?

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