Ho sempre amato l’Utopia, come genere letterario e analisi politica che descrivono mondi,
ipotesi e costruzioni ideali apparentemente immaginari e paradossali ma desiderabili per raggiungere la felicità. E se provassi ad esercitarmici sarei in ottima compagnia: Platone, Tommaso Moro, Campanella, Francesco Bacone e tanti altri. Benché indegno di tale consesso, mi ci provo lo stesso al cospetto dei mali principali che attualmente affliggono il nostro bel Paese.
IMMIGRATI. Un giro di moviola del tempo ha realizzato l’impossibile, sia naturalistico che storico, perché i morti non si resuscitano e le epoche non si ripetono, altrimenti non sarebbe utopia, che cioè a Palazzo Chigi ci fosse la Buonanima rediviva. Solo un matto potrebbe pensare che succederebbe quello che sta succedendo. Niente apologia, perché stiamo navigando nell’Utopia.
Ebbene li raccogliamo, li salviamo, li puliamo, li sfamiamo, li curiamo, poi li invitiamo gentilmente a salire in aereo, con tanto di bibite, panini, crostini e sigarette, con nutritissima scorta di caccia da combattimento, destinati a reagire se qualcuno ci attacca, li sbarchiamo nei deserti da dove sono venuti, arrivederci e grazie. Dopo un mese non viene più nessuno, alla faccia di Macron e dell’Europa.
FISCO. Un grande giurista, Franco Cordero, professore emerito di diritto e procedura penale ha scritto che “l’attività ordinata nella forma della legge mira ad accumulare potenza o a vincerne una ostile” e che “il dovere di ubbidire discende dal fatto che qualcuno, insediato in una certa posizione, sia in grado di imporre la propria volontà” e che il potere consiste nel fatto che “qualcuno sia in grado di influire sul prossimo grazie a un apparato coercitivo”, frasi che liquidano definitivamente gli idolatri della legalità e quelli che condannano e disprezzano l’evasione fiscale.
Infatti un ignoto allievo di Cordero ha elaborato una teoria secondo la quale l’evasione fiscale è un diritto, perché tutto il sistema di regole sulle quali funziona l’imposizione tributaria è contrario a principi basilari di diritto a norme costituzionali e alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo firmata a Parigi il 10 dicembre 1948.
Anzitutto in un rapporto obbligatorio di dare e avere non è possibile che sia il creditore a stabilire unilateralmente se quando e quanto il debitore deve pagare, i Romani dicevano Nemo iudex in re sua, noi lo chiameremmo conflitto d’interessi. È come se in una partita di calcio i giocatori facessero anche da arbitri.
Inoltre quando l’ammontare da pagare è eccessivo rispetto alle condizioni economiche di chi deve pagare, vi è lesione del principio, sempre posto a base dalla Corte Costituzionale nelle sentenze di illegittimità costituzionale. A quel punto la pretesa dello Stato diventa ingiusta e illecita, sostenuta dalla minaccia di esecuzione forzata, trasmoda nell’estorsione e scattano i principi di legittima difesa e dello stato di necessità che legittimano qualsiasi violazione di legge, anche penale.
Infine la persecuzione verso chi non ha il denaro per pagare, pensionato o piccolo imprenditore o artigiano o professionista, non più in grado di produrre reddito, espropriativa di ogni sua proprietà, magari accumulata col lavoro di una vita, fino a ridurlo al limite della sopravvivenza è contrario al diritto fondamentale ad un’esistenza “libera e dignitosa” (art. 36 Cost.) e all’art. 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Purtroppo lo spazio non mi consente di parlare di altri due mali biblici, COMUNICAZIONE, BANCHE e LAVORO, con soluzioni altrettanto utopistiche da suggerire ai nostri politici che non le sanno o non le vogliono vedere o non hanno il coraggio e la forza per attuarle. Se v’interessa ne parlerò la prossima volta.
Aldo Di Vito
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