La nobildonna, che spesso risiedeva nella sua villa a Croce Malloni di Nocera Superiore, fu tra le fondatrici dell’Associazione nazionale donne elettrici e pilastro della Croce Rossa
di Annamaria Barbato Ricci
Una gran dama. Una definizione simile si attaglia a ben poche donne che ho conosciuto. A lei, certamente sì: la contessa Cettina Lanzara Calabria, classe 1914, scomparsa lo scorso 14 aprile, è stata davvero un’icona della signorilità e del savoir faire.
Lei, la signora di Villa Lanzara, tesoro di Nocera Superiore col suo giardino all’inglese e gli arredi fascinosi che non avrebbero sfigurato in un film di Visconti, si muoveva con classe negli ambienti più elitari, ma era di casa anche in paese, con la semplicità che contraddistingue chi è aristocratico nell’animo.
Credo di averla conosciuta da sempre, quale amica di mia madre. Mi colpiva per la sua joie de vivre, la sua propensione alle belle lettere, la sua conversazione di altissimo profilo, il suo ruolo di protagonista della mondanità più inaccessibile: dalla regina Elisabetta II a Umberto di Savoia, ai Borbone di Francia, tanto per fare qualche esempio. Potevano sembrare immagini sbiadite, fuori dal nostro tempo, ma l’eloquio elegante e carismatico di Donna Cettina li vivificava, ci rendeva presenti e curiosi.
Per molti anni, è stata presidente per la Campania dell’Associazione delle Dimore Storiche Italiane; fu fra le promotrici dell’ANDE (Associazione Nazionale Donne Elettrici), sodalizio nato in contemporanea alla concessione (sic!) del voto alle donne, per dar loro i fondamentali di politica; inoltre, è stata per molto tempo colonna della Croce Rossa Italiana. Ha scritto diversi testi, sapendo trasfondervi la sua grande personalità. Il più famoso fra i suoi libri è ‘Il ricordo dei giorni’, ponte fra due secoli, oltre che dimostrazione che stile e bon ton sono la grande perdita che abbiamo subito e la cui sopravvivenza, invece, ci farebbero vivere in una società meno intrisa di haters e di buzzurri aggressivi.
Donna Cettina non c’è più, ma ce ne rimane il ricordo e l’esempio a cui ispirare i nostri comportamenti, se davvero vogliamo affermare di saper stare al mondo.