Tutto ruota intorno al santuario della Madonna dei miracoli. Dalla “discesa dei santi” la domenica delle palme al ritorno il lunedì in Albis, tra “strusci” e amori nascenti, piatti tradizionali e pie donne piangenti
di Anna De Rosa
Sono molto cambiate le tradizioni della settimana santa a Nocera Inferiore. Oggi, spesso, Pasqua è l’occasione per passare il fine settimana fuori, ma sono ancora tanti i nocerini che strenuamente difendono le usanze di una volta, che proveremo a raccontarvi.
Il fulcro di questi giorni restano le manifestazioni legate alla “scesa re’ sant” (la discesa dei santi) che la domenica delle vede partire dal santuario di Montalbino (nota anche come santa Maria a Monte) le statue della Madonna dei miracoli, di sant’Eligio, protettore degli animali domestici, e sant’Emiddio, che tutela le case dai terremoti, vengono portate in processione in paese passando per le varie masserie, mentre le campane del santuario suonano senza sosta. Una delle caratteristiche di questa processione è il fatto che ad ogni sosta, oltre allo sparo dei tradizionali fuochi d’artificio, il proprietario della masseria offre una sorta di rinfresco ai santi, e per essi a chi partecipa alla processione, che in questo modo risulta abbastanza lunga.
In origine la processione finiva a santa Maria del Presepe; oggi le statue vengono riposte nella cappella di san Rocco al Casale del Pozzo, dove resteranno per tutta la settimana santa.
Questo tipo di evento aveva un forte seguito tra i contadini, che sentivano forte il bisogno di ricorrere a Dio contro le forze avverse che potevano minacciare la loro vita e il frutto del loro lavoro.
Anche il tradizionale scambio delle palme nel giorno dedicato alla pace a Nocera ha una sua storia particolare. A procurarli, anche oggi sebbene il fenomeno sia in calo, sono i ragazzini, che dopo aver spogliato gli olivi su sant’Andrea, “vendono” per una piccola offerta i ramoscelli davanti alle chiese.
In questa settimana il primo giorno importante è il giovedì santo: le donne preparano i dolci pasquali, e prima di tutto la “pastiera” di grano bollito. La sera ci si reca nelle chiese cittadine per pregare davanti ai sepolcri, adornati con fiori. Il pellegrinaggio continua fino a notte dando vita a quello che a Nocera viene chiamato lo “struscio”. La tradizione obbliga a visitare almeno tre chiese o, comunque, un numero dispari. Era questo, fino quasi alla fine degli anni ’60, il momento in cui i ragazzi “andavano a caccia” di quella che, spesso, poi sarebbe diventata la loro moglie. Dichiarazioni d’amore e promesse volavano in numeri importanti. Nel pomeriggio del venerdì santo, poi, per le strade si svolgeva e si svolge tutt’oggi la processione del Gesù morto: le statue del Cristo morto e dell’Addolorata passano tra la folla, preceduta dai sacerdoti e dalla banda che suona marce funebri, seguite da un gran numero di donne velate di nero, che cantano inni di dolore, scortate dalle autorità e dal popolo. In questo giorno, per tradizione e devozione, si evita di spazzare la casa e sulla tavola non si posa la tovaglia. Specialmente nei primi decenni di comparsa dei televisori in questo giorno non li si accendeva. Il pranzo, in passato, era rigorosamente costituito dai fagioli cotti in zuppa in un fiasco di vetro, posto a bollire su un fuoco di carboni.
Erano i tempi in cui “si scioglieva la Gloria” il sabato a mezzogiorno, mentre oggi la liturgia prevede una messa serale che una volta era assente. Si è soliti pranzare con pizza di maccheroni, salame, uova sode e carciofi, sia lessi che arrostiti sulla fornacella.
A Pasqua, dopo la messa solenne, il gran pranzo non è uguale in tutte le famiglie; dipende dalle usanze, ma quello tradizionale vorrebbe tagliolini in brodo di gallina, agnello o capretto al forno, carciofi e, infine, il dolce per eccellenza: la pastiera di grano.
La Pasquetta si celebra recandosi a far visita all’ antico santuario di santa Maria a Monte (santa Maria dei Miracoli) e dura anche nei giorni successivi. C’era anche un curiosissimo calendario in passato, che regolava gli afflussi e in qualche modo garantiva che non vi fossero (per qualche bicchiere di troppo) incidenti. Questo prevedeva che il lunedì si recassero al santuario i paganesi, i barbieri e i calzolai. Ai nocerini toccava il martedì, anche perché di lunedì erano (e sono) impegnati: in questo giorno la statua della Madonna e quelle di sant’Emiddio e sant’Eligio dalla cappella di san Rocco vengono portate in processione per la città, seguite da cavalli, pony e asinelli, tutti abbelliti di nastri e pennacchi. Nel pomeriggio, poi, le statue sono riportate a spalla al santuario seguite da una processione che intona canti sacri, mentre lungo il percorso diversi gruppi eseguono quelle tammurriate che caratterizzano le festività delle “sette sorelle”, ovvero le sette madonne campane la cui origine si perde nei primi contatti tra paganesimo e cristianesimo. La Madonna di Montalbino non è nelle sette, ma si ritrova festeggiata tra quella dell’Arco il lunedì in Albis e quella delle Galline la domenica in Albis. Dopo la parte religiosa, festa per tutti, e compaiono pizze di maccheroni, salumi e melanzane sott’olio, carciofi arrostiti, uova sode e “casatiello”; il tutto innaffiato abbondantemente di vino. La sera si fa festa con grandi fuochi pirotecnici.