Gentiloni annuncia manovre per la riduzione della pressione fiscale in primavera o autunno per rilanciare i consumi interni. Ma nel frattempo il debito pubblico continua a crescere
Il capo del Governo Gentiloni a proposito di “pressione fiscale in Italia” ha espresso il suo pensiero in occasione del forum di Confcommercio tenuto a Cernobbio (Como): “Il governo continuerà a lavorare per ridurre la pressione fiscale.
Lo dico per chi è preoccupato per le prossime misure del governo: noi continueremo a lavorare per la riduzione della pressione fiscale, lo faremo in primavera e in autunno, forse in autunno sarà un po’ più difficile che in primavera ma lo faremo con le nostre misure. Proseguiremo in questo percorso – ha aggiunto – decisivo per dare impulso ai segnali di crescita”.
In precedenza, come riportato dalla stampa, ha precisato: “Solo aumentando la domanda interna riusciremo a garantire una ripresa massiccia della nostra economia, solo così si esce definitivamente dalla crisi e l’Italia riparte davvero. Come ci arriviamo a questo obiettivo? Con misure economiche che proseguono il percorso di riduzione della pressione fiscale avviato in questi tre anni”.
Il messaggio del Presidente del Consiglio è “teoricamente” apprezzabile! Nessun dubbio sul fatto che con l’aumento della domanda interna si riuscirebbe a garantire una ripresa massiccia della nostra economia! Quindi andrebbe bene la riduzione delle tasse per la primavera o per l’autunno, ma – chiedo a me stesso – di quale anno si parla?
Se i tassi d’interesse, come sembra, risaliranno, sarà molto complicato abbassare le imposte in Italia, essenzialmente a causa del galoppante debito pubblico pari, ad oggi, a 2.250 miliardi di euro.
L’incremento di un punto d’interesse richiederà l’esborso aggiuntivo, da parte del Ministero dell’Economia, di 22,5 miliardi per ogni anno. O meglio, per essere più precisi: richiederà l’esborso di una frazione importante di detto importo, visto che nel corso dell’anno scadono titoli per circa 500 miliardi di euro.
Un importante grafico (allegato) elaborato dal Ministero dell’Economia-MEF, pone in evidenza i “costi medi all’emissione dei titoli di Stato” in Italia a partire dall’anno 2000 fino al 2016. Tre i valori più alti (picchi) toccati in questo periodo: 4,79% nel 2000, 4,14% nel 2007, 3,76% nel 2011 e da allora giù in progressione fino allo 0,55% del 2016.
Ebbene nel 2016 il costo medio delle nuove emissioni di titoli (BOT, CCT, BTP) in Italia è stato pari allo 0,55%, cioè il più basso mai registrato in Italia negli ultimi 16 anni.
Purtroppo i Governi che hanno guidato l’Italia in tale periodo non sono riusciti a bloccare e ridurre il debito pubblico italiano, approfittando proprio della spesa per interessi in forte decrescita nel lasso temporale considerato.
Dunque: riuscirà in questa impresa il Governo Gentiloni con la curva dei tassi che si preannuncia in risalita e con una crescita minimale della ricchezza nazionale (PIL) prodotta in un anno?
Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it