La storia che stiamo per raccontarvi è un po’ macabra, ma potrebbe servire da simpatico deterrente per fidanzati, compagni e mariti. Ogni riferimento «a persona» è puramente casuale
di Maria Barbagallo
Uomini, state pensando di fare i farfalloni? Dopo aver letto questo articolo, al posto vostro ci penserei. Una curiosa ed antica leggenda narra, che intorno all’anno 1000, durante la dominazione araba in Sicilia, nel quartiere palermitano della Kalsa, viveva una bellissima fanciulla che amava trascorrere le giornate curando le piante del suo balcone.
Un giorno passò da quelle parti un giovane Moro, che appena la vide si innamorò perdutamente. Deciso ad averla a tutti i costi, il giovane entrò nella casa e le dichiarò il suo eterno amore. La fanciulla, colpita dall’audacia del pretendente, ricambiò il sentimento.
Ma ben presto la felicità svanì quando la ragazza scoprì che il suo amato sarebbe ritornato in Oriente, dove lo aspettavano una moglie e dei figli. La bella fanciulla, da brava sicula, meditò la tremenda vendetta. Attese che calasse la notte e quando il Moro si addormentò lo uccise, gli mozzò la testa, la svuotò e ne fece una «rasta» (vaso) dove vi piantò il basilico e lo mise in bella mostra fuori al balcone. Il suo amato, non potendo andare più via, sarebbe rimasto per sempre con lei.
Intanto il basilico cresceva rigoglioso, suscitando ammirazione e invidia da parte degli altri abitanti del quartiere, che si fecero costruire dei vasi in terracotta con le sembianze di testa di moro, come auspicio per la crescita delle proprie piante.
La Testa di Moro è un oggetto caratteristico della tradizione siciliana. Si tratta di un vaso in ceramica, dipinto a mano, che raffigura il volto di un Moro. A volte è affiancato dal viso di una bella giovane donna.
Passeggiando per le vie di Palermo, Caltagirone o Ragusa possiamo scorgere le teste di Moro tra i balconi fioriti.
La tradizione millenaria delle ceramiche siciliane nasce, quindi, da un amore difficile. Da perdere la testa.