Rientra nell’ambito del giustificato motivo oggettivo il recesso del datore di lavoro dettato dall’esigenza di migliorare la produttività e la gestione aziendale
di Danila Sarno
Il datore di lavoro può licenziare i dipendenti per il solo scopo di aumentare i profitti. È quanto ha sostenuto la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza numero 25201 del 2016.
Si tratta di una decisione che ha immediatamente suscitato perplessità, in quanto volta ad ampliare le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che tradizionalmente venivano collegate ai soli casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro si fosse resa necessaria per far fronte a spese straordinarie o a crisi aziendali.
La decisione degli Ermellini, piuttosto, ricordando che il suddetto tipo di licenziamento è legittimo se determinato da “ragioni attinenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento”, fa rientrare tra le cause giustificatrici anche le riorganizzazioni e le ristrutturazioni volte a migliorare l’efficienza gestionale e produttiva.
Se così non fosse, aggiunge la Suprema Corte, verrebbe violato l’articolo 41 della Costituzione per il quale “l’imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione”.
Tale pronuncia è avvenuta in occasione di una causa intrapresa dal direttore operativo di una società, licenziato per snellire la catena di comando. In primo grado il giudice aveva considerato legittimo il licenziamento perché motivato dall’esigenza tecnica di semplificare la gestione aziendale. Al contrario, la Corte d’Appello di Firenze aveva ritenuto che non sussistesse alcun giustificato motivo oggettivo di recesso, in quanto il datore di lavoro non aveva provato l’esigenza di far fronte ad inattese situazioni sfavorevoli.
Orientamento superato dalla Cassazione che ha inteso il licenziamento come strumento di autonomia gestionale per migliorare la competitività dell’impresa, e non come estremo rimedio per fronteggiare un andamento economico negativo. Per di più si è sottolineata l’importanza di salvaguardare la concorrenza dell’azienda sul mercato, affinché il beneficio attuale per un lavoratore a discapito dell’efficienza produttiva non si trasformi in un pregiudizio futuro per un numero maggiore di dipendenti.