Miliardi di siti nascosti che non si possono raggiungere, inserendo solo le parole chiave sui motori di ricerca, come Google. Uno studio rivela cosa viene venduto illegalmente in questo mondo virtuale e in che percentuale
di Francesca Melody Tebano
Nell’ultimo periodo si è sentito molto parlare di dark web, in particolare dopo un accaduto: l’arresto di Ross Ulbricht, il fondatore di Silk Road, cioè uno dei più famosi siti di e-commerce illegali, soprattutto per la vendita di droga.
Ma di cosa si tratta? Il dark web è una parte del deep web. Un luogo nascosto dove l’utente naviga in incognito e può acquistare qualsiasi contenuto legale come articoli scientifici e dati, ma soprattutto illegale come droga; organi umani; armi; materiale pedopornografico o comunicazioni tra terroristi.
Per poter accedere al darkweb, o meglio al darknet, è necessario conoscere l’indirizzo specifico e sono necessari dei software particolari, il più conosciuto è Tor (The Onion Router). Si tratta di un sistema di comunicazione anonimo, che si basa sul protocollo di rete di onion routing, e non sul classico “http”. Come è possibile accedere, rimanendo anonimi?
Grazie a questi protocolli, i dati non transitano da client a server come succede normalmente, ma passano tramite i server Tor che diventano router, crittografando il segnale. Di conseguenza, risulta essere più difficoltoso rilevare l’attività internet degli utenti.
Uno studio di quest’anno, condotto da Terbium Labs, un’azienda di sicurezza informatica, ha cercato di analizzare questo mondo: due ricercatrici, Clare Gollnick e Emily Wilson, hanno selezionato a caso 400 “onion” (il nome dei siti nel dark web) nel corso di un giorno, suddividendoli in base al loro scopo e ai loro contenuti. È emerso che circa il 50% dei siti controllati vendevano beni e servizi legali, mentre il restante conteneva materiale illegale. Nello specifico, il 45% commerciava stupefacenti, l’11,9% prodotti farmaceutici, un 4,6% erano truffe e un ulteriore 4,6% riguardava operazioni di hacking. Inoltre, il 3,7% riguardava materiale pedopornografico. Solamente lo 0,9% conteneva dati inerenti a estremismi politici. La ricerca presenta però un limite di analisi, ovvero non rileva quali siano i siti maggiormente frequentati.