“Ma tu vuliv a’ pizz”, recita la celebre canzone napoletana. Ma se non è cotta a puntino, ne voglio un’altra. Attenti, solo a patto di non avere iniziato a mangiarla!
di Rosa Soldani
La pizza è certamente la cena tipica del sabato sera, ma per chi vive – come noi – nella terra che le ha dato i natali, anche del lunedì, del martedì, del mercoledì. Insomma, ogni momento è giusto per gustare una buona pizza, magari cotta a legna con un impasto morbido e poroso secondo la centenaria tradizione partenopea.
Spesso, soprattutto con questo tipo di pasta, il rischio che una cottura con fuoco più intenso bruci la nostra pizza è più che probabile. Che fare se ci arriva al tavolo una pizza bruciata, o anche solo con cornicione bruciato? L’acquisto del gustoso alimento comporta la conclusione di un contratto tra l’esercente, cioè la pizzeria, ed il cliente che la ordina. Anche per la pizza, dunque, il criterio è lo stesso che vale per tutti gli altri beni: se non risponde alle caratteristiche per le quali è stata acquistata, va sostituita. Contrariamente, infatti, il pizzaiolo commette un grave inadempimento, che non consente di consumare il bene, né può imputare la bruciatura della pizza al soddisfacimento di un gusto personale del cliente, perché una pizza bruciata è senza dubbio un cibo dannoso per la salute. In questi casi ciò che il cliente può fare, quindi, è richiedere la sostituzione della pizza, o rifiutarsi di pagarne il prezzo. Ma attenti! L’avventore può chiedere di riceverne un’altra solo se non abbia cominciato a mangiare la pizza bruciata. Se la mangia anche solo parzialmente, infatti, egli dimostra di ritenere la pizza idonea al consumo avendo dato esecuzione al contratto e accettato la prestazione. Solo non intaccando la pizza egli può procedere a quella che in diritto viene definita la «risoluzione del contratto», con la quale di fatto si scioglie il vincolo per il quale alla prestazione della pizza debba corrispondere la controprestazione del pagamento. Il cliente ha sempre ragione, si usa dire. È su questa massima che si basa la legge, per favorire la parte più debole del contratto, in questo caso il cliente, secondo i principi generali del nostro ordinamento giuridico e, nel caso specifico, del codice del consumo.