Una sera a cena, e dunque dopo qualche bicchiere, ho detto a Torquato, “Siente a me, fa’ ‘na bellacosa, non ti ricandidare.
Che tiene ‘a vede’! Lo sfizio di schiattare uno dopo l’altro due avversari e di fare il sindaco te lo sei levato, così onorando la buon’anima di Fulvio che tanto si spese per questa città e vendicando pure a me delle nefaste e innaturali manovre cirielliane del 2002. Il tuo bravo dovere l’hai fatto, rimettendo in sesto le finanze comunali che erano scassatissime, portando a termine il PUC senza beghe e particolarismi, hai zompato il fosso della SETA con una saggia azione giudiziaria contro pretese assurde e non ci hai fatto mai vedere cumuli di monnezza per strada, malgrado ce ne fosse il pericolo, hai restituito legalità e trasparenza all’attività amministrativa e serenità e pacatezza alla vita politica locale, tanto per dire solo alcune cose. Tutta questa faticaccia, chi la vuole cotta e chi la vuole cruda e così e colà, tutti si mettono pure a studiare come debbono fare per mandare a casa il sindaco Torquato, come se a fare il sindaco ci fosse qualcosa da guadagnare, io ne so qualcosa e pure la buon’anima di mia moglie, il Signore l’abbia in gloria, per quegli scarzi 2000 euri. Tu invece fai una bella cacciata, fai Giorgio e ‘o vescovo, dici, ho fatto il mio dovere come avevo promesso, arrivederci e grazie e ti metti ad aspirare a più alti traguardi politici, che te lo meriti”.
Ovviamente il Torquato mi ha tacciato di pazzarìa, “Sei sempre tu con queste idee eccentriche ed estremiste (che non gli sono congeniali, a lui che è un moderato doc). Gesù, Gesù, come sarebbe a dire, non mi ricandido, che cosa dici mai?” Lui che, com’è noto è beneducato, non dice, come avrei detto io, che cazzo stai dicenno. Ma però dubbioso ci resta, ci pensa e ripensa, perché così fa di suo, quando uno gli dice una cosa, non è che sta a sentire granchè, se la gira e rigira per la testa e poi fa a modo suo.
Dopo di quella sera a cena, mi è capitato di leggere su un giornale che si stanno già apprestando le grandi manovre antitorquato, per l’esattezza, “Accordo a tre contro Torquato”, GRASSI-ROMANO-IANNELLO, datosi che si ritiene obbligatorio abbattere chi governa, che è uno sport nazionale, una specie di scudetto. Solo che, mentre nello sport vincere o perdere è fine a se stesso, in politica no, vincere o perdere dovrebbero essere soltanto mezzi e strumenti per impedire agli avversari di fare brutte cose, se le fanno, e riuscire invece, vincendo, a fare buone cose. Almeno dicessero perché se ne deve mandare Torquato, che cosa ha fatto di male, perché non va, perché si deve cambiare e con chi, e per quale motivo quello che si vuole mettere è meglio di quello che ne vogliamo mandare. GRASSI-ROMANO-IANNELLO, pensate un po’! Dio ci scansi e liberi, Io non ci credo, non può essere, si tratta di una di quelle solite cose che s’inventano i giornalisti quando non hanno di che scrivere.
Al che, si po’ fosse tutt’overo, Manlio, p’ammore ‘e Ddio, statte ‘lloco, mi rimangio tutto quello che ho detto una sera a cena, fai come spesso fai non mi stare a sentire, ricandidati, perché oltre tutto con i suddetti campioni come avversari vinci sicuro e sarebbe peccato mortale rinunciare.
Aldo Di Vito
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