Per la Cassazione commette estorsione chi paventa di voler “spifferare” tutto al marito o alla moglie traditi. Anche quando non vengono richieste somme di danaro
di Rosa Soldani
Minacciare l’amante di rivelare la relazione clandestina al coniuge tradito, sia per ottenere denaro in cambio del silenzio che per conquistare altri vantaggi, è reato.
Molti legami adulterini che giungono al capolinea si concludono in maniera di gran lunga più complicata della loro nascita, conditi da una serie di sotterfugi che mettono spalle al muro chi, con non poca fatica e altrettanta dimestichezza, era riuscito per lungo tempo a celare al proprio marito o alla moglie la relazione extraconiugale intrattenuta.
La Corte di Cassazione, con recentissima sentenza numero 43107 del 2016, ha stabilito che le minacce di rivelare la relazione al coniuge tradito, particolarmente (ma non solo) se l’obiettivo sia quello di sottrarre danaro all’amante, configurano il reato di estorsione, disciplinato nel nostro ordinamento all’articolo 629 del codice penale. Non solo: si può aggiungere un aggravio della pena se gli episodi di minacce fossero ripetuti. Già in una precedente sentenza del 2015 gli ermellini, ovvero i giudici di Cassazione, avevano dibattuto sull’alternativa tra reato di truffa o estorsione per inquadrare correttamente questa condotta lesiva, prediligendo la seconda ipotesi perché in questo caso il male indicato si rivela come certo e realizzabile ad opera dell’amante vendicativo, e la persona offesa si viene a trovare nell’alternativa di cedere e consegnare il danaro o quello che comunque viene chiesto o subire il male minacciato. Un bel grattacapo, insomma. Perciò, l’idea che «trovarsi l’amante» rappresenti un’occasione di piacere, anche e soprattutto alla luce dei rischi giuridici che si possono correre, è decisamente fuori moda!