Quando un passatempo infantile riesce a diventare un lavoro: ecco cosa è accaduto ad un cittadino angrese dopo un po’ di anni di tenacia e dedizione

di Assia Califano

“Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione”, così affermava il filosofo tedesco Hegel, e allo stesso modo è lo stesso sentimento che ha spinto il famoso cuoco angrese Giovanni Bove a realizzare il suo sogno di lavorare in importanti cucine europee e americane.

«L’amore per la pasticceria nasce verso i nove anni: avrei voluto frequentare la scuola alberghiera, ma in casa preferivano facessi il maestro».
Inizia a raccontarsi il cuoco «Poi, nonostante il diploma magistrale, nell’estate del ’79, a soli 18 anni, partii per la Costa Smeralda per vivere nel vero mondo della pasticceria. A quei tempi, però, negli alberghi la pasticceria stava scomparendo: si introduceva il congelamento dei prodotti e il pasticcere poteva non essere utile, quindi mi sono avvicinato molto alla cucina».
Dopo un periodo a Sabaudia e a Latina, Gianni Bove arriva in Toscana nell’estate dell’89. Gli inizi tra i fornelli vengono supervisionati dell’importante chef Carozza, che gli insegnando le basi del mestiere. Da questo momento iniziano gli anni d’oro della sua carriera che lo ha portato a conoscere (e a cucinare per loro) personaggi come Mike Buongiorno. Poi, il sogno americano:
«In America non mi sono trovato bene – ci dice lo chef – lì o investi o trovi qualcuno che investe su di te. Il sogno americano resta, ma io volevo fare qualcosa di mio nel mio Paese».
E così Bove si ritrova in Svizzera, in un importante albergo di Basilea, per poi arrivare alla proposta di lavoro che ha segnato la sua carriera: all’Hotel Corte di Buttari. «Ho trascorso lì 10 anni, e di inverno avevo le aperture in Svizzera dei vari alberghi per la stessa azienda – ricorda Bove – Durante un’apertura, un ragazzo che lavorava con me mi fece notare che su un taxi era stata impressa una mia fotografia. In quel momento mi sentivo confuso, non volevo farmi riconoscere per strada per imbarazzo. Dopo questi anni in Toscana e in Svizzera, ho deciso di fare solo inaugurazioni e consulenze. Ho visto che il mondo della cucina non è più lo stesso, tutti sembrano essere grandi chef solo in teoria».
Anche se ormai chef, cuoco di piatti salati e rustici, la pasticceria è stato il primo amore: «La pasticceria è una passione che non abbandonerò mai, che non finirà. Ma il mio concetto di pasticceria è diverso: io voglio preparare i dolci partendo dalla farina, zucchero e uova a livello grezzo; non voglio utilizzare i prodotti già preparati e chimici. Un consiglio che posso dare ai giovani cuochi è quello di non lasciarsi abbindolare da quel che appare, ma guardare indietro e vedere che cos’è realmente la cucina. Non essere, insomma, un personaggio da programma televisivo, ma un vero e proprio cuoco».

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