La parola ai volontari che lavorano insieme con un unico obiettivo: donare speranza. Francesca Colombo: «Vogliamo entrare anche nelle scuole per arginare il fenomeno del bullismo»
di Tania Pentangelo
Ci incontriamo un lunedì mattina all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, dove affiancano i più piccoli nei loro delicati e purtroppo dolorosi percorsi. Sono Scintilla, Sgav, Starchi e Doremì, i clown dottori dell’associazione “Nasi Rossi Clown Therapy“, nata un anno fa e operante anche presso l’RSA Oasi San Francesco di Castellammare di Stabia e l’ospedale Santa Maria Incoronata dell’Olmo di Cava de’ Tirreni.
Passeggiano con i loro camici, le calze disegnate e due o tre nasi colorati, seguiti da tanti sguardi curiosi e divertiti. A parlare con emozione del suo lavoro è Francesca Colombo, sociologa e clown dottore da sette anni.
«Viviamo in un contesto sociale sempre più bisognoso di emozioni positive, dove un’espressione innata e spontanea come il sorriso è spesso sopraffatta dalla negatività. L’associazione si propone attraverso la comico terapia di portare il buonumore negli ospedali, nelle RSA, nelle case famiglia, in tutti i luoghi dove regna il disagio, migliorando la qualità della degenza. Lo scopo non è quello di distrarre dalla malattia ma di lavorare sulla parte sana del paziente che permane. Fare il clown è una scelta di vita, di umanità. Chi lo diventa riscopre se stesso, si riappropria di tutte le emozioni tipiche del bambino con la consapevolezza però dell’adulto. Questo lavoro comporta grosse responsabilità, è necessaria quindi una predisposizione ma anche e sopratutto una formazione seria e monitorata, con dei ritorni continui. Bisogna saper entrare nella stanza in punta di piedi, saper creare la magia, capire quando è il momento di ridere e quando invece di mettere il naso in tasca».
E continua: «Attualmente ho in cantiere un progetto: portare il clown nelle scuole attraverso alcuni laboratori, con il fine di arginare anche fenomeni come il bullismo. Parlo per questo di clown sociale, di operatore del limite. Ciò che più mi rammarica è la poca informazione sulla materia, il pressappochismo dilagante. Per fortuna però molti medici credono fermamente nella validità scientifica della risata che agisce, al pari di un antidolorifico, sul sistema nervoso riducendo l’ansia e la percezione del dolore».
A farle eco Anna Malafronte, volontaria, che ha sottolineato quanto sia fondamentale seguire un percorso formativo qualificante per acquisire le competenze necessarie a costruire una relazione d’aiuto efficace.
«Clown bisogna esserlo nel profondo, ogni giorno e senza costruzioni – afferma Carmine Apicella, altro volontario – entriamo in una stanza senza copione, ascoltiamo, osserviamo e improvvisiamo. Siamo semplicemente noi stessi. È una terapia prima per sè e poi per gli altri».
Anche la musica è importante nell’approccio terapeutico. A tal proposito la signora Rosa Sorrentino, operatrice dell’associazione, ci ha detto: «Io cammino sulle note della musica, mi piace esprimermi così, attraverso ciò che mi fa stare bene. Non sono solo io a donare qualcosa a questi bambini, spesso loro insegnano a me il senso della forza, del coraggio, della speranza».