“La legge è legge e va, si, rispettata, ma Voi perdeste il senso e la misura”. 

Parafrasando la celebre “a’ livella” di Totò, ci viene di esprimerci in questo modo per portare la solidarietà di questa testata alla collega Rosaria Federico, giornalista de “La Città” di Salerno, finita ieri in una brutta avventura che l’ha vista subire il sequestro del suo cellulare per non aver rivelato la fonte di notizie pubblicate sul medesimo giornale nello scorso mese di giugno.
Franco Abruzzo, già presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, in un intervento pubblicato sul suo sito, scrive: “Giornalisti ed editori, in base all’’articolo 2 (comma 3) della legge professionale n. 69/1963, “sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse”. Tale norma consente al giornalista di ricevere notizie, mentre le fonti sono “garantite”. Anche l’’articolo 13 (V comma) della legge sulla privacy (n. 675/1996) tutela il segreto dei giornalisti sulla fonte delle notizie, quando afferma che “restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia”. La violazione della regola deontologica del segreto sulla fonte fiduciaria comporta responsabilità disciplinare (articolo 48 della legge n. 69/1963).
Il rispetto della segretezza della fonte fiduciaria della notizia, però, non appare assoluto. L’ ’articolo 200 del Codice di procedura penale del 1988 stabilisce, per quanto concerne il rapporto tra obbligo a deporre avanti al giudice e segreto professionale, che il giornalista può opporre il segreto professionale sui nomi delle persone dalle quali egli ha avuto notizie di carattere fiduciario nell’’esercizio della professione.  Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata soltanto attraverso l’’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni. Il segreto professionale può, quindi, essere rimosso con “comando” del giudice a condizione che: a) la notizia che proviene dalla fonte fiduciaria sia indispensabile ai fini della prova del reato per cui si procede; b) l’’accertamento della veridicità della notizia possa avvenire soltanto tramite l’’identificazione della fonte fiduciaria”.
Ora, noi non siamo a conoscenza assoluta dei fatti contestati alla collega Federico. Ma siamo sicuri che il magistrato Silvio Marco Guarriello abbia agito nel rispetto dell’articolo 200 del Codice di procedura penale?
Comitato di redazione de “La Città”, Ordine e sindacato dei giornalisti, che hanno manifestato la loro solidarietà alla collega, non ne sembrano convinti. Nell’attesa che tutto si chiarisca, esprimiamo a Rosaria la nostra vicinanza e le offriamo il nostro abbraccio.

Gigi Di Mauro

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