Sabato 24 settembre, presso la sede del Museo Città creativa, si aprirà alle 18:30 la mostra “Keramitos: Itinerari di pietra”, 35 pezzi in pietra ed argilla
Come l’uomo neandertaliano, Giosuè Falcone va in cerca delle pietre ma non certamente per creare attrito ed ottenere il fuoco, piuttosto per mettere in movimento la sua instancabile, irriducibile ricerca artistica.
Ed approda da Città di Castello, suo luogo di adozione da decenni, al Museo di Rufoli che per sua speciale vocazione predilige personalità artistiche che vanno verso l’innovazione, lo sperimentalismo e verso orizzonti alternativi, diversi da quelli già percorsi in precedenza
I suoi vasi hanno un sapore arcaico; le loro fisionomie allungate ed a punta rubano la forma al mondo degli Etruschi in un equilibrio di volumi e di cromie tenui, poco contrastate ma dagli inconfondibili riflessi metallici.
Dall’antichità attinge anche la tecnica raku che – come è noto – arriva fino all’Occidente dai lontani rituali della cerimonia del the praticata dai monaci del Giappone medievale e dalla affascinante e complessa cultura Zen che avvolge buona parte dell’Oriente estremo.
Con la tenacia e la forza di un vero e proprio “scienziato della materia”, di cui studia meticolosamente la composizione, l’artista ha sviluppato nel tempo un metodo assolutamente singolare e personale. Grazie ad esso riesce a frantumare, frammentare, e successivamente ad impastare la pietra e ad amalgamarla ad altre materie prime in una mescolanza di elementi che porta ad un risultato suggestivo ed irripetibile. La sua arte si colloca in una posizione di avanguardia e di ricerca inedita, crea una interazione fra natura, scienza ed immaginazione, fra ragione ed inconscio, fra oggettività che viene dall’esterno ed una rielaborazione soggettiva. Quelle reminiscenze, quelle tracce di antichità vengono abilmente contemporaneizzate.
Gabriella Taddeo