La Corte dichiara che gli uomini non sono per natura esentati dallo svolgimento delle faccende domestiche, riconoscendo l’ormai ridotta differenza di genere in fatto di suddivisione dei compiti in casa

di Danila Sarno

Oggigiorno non è raro sentire mogli lamentarsi del fatto che i propri mariti non alzano un dito in casa . Del resto, in numerose famiglie la figura dell’uomo casalingo è ancora un tabù e non è immaginabile che un rappresentante del genere maschile sia avvistato in giro per l’abitazione armato di scopa e paletta.

Eppure anche l’uomo è capace ed è tenuto ad occuparsi delle faccende domestiche e a dirlo è anche la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 24471 del 2014, in risposta alla criticabile deduzione della Corte d’appello di Venezia che, in considerazione del sesso maschile di un individuo, aveva concluso che egli si disinteressasse completamente delle pulizie, trattandosi di un’attività che per natura spetta alle donne.
La causa giudiziale che aveva portato a tale affermazione era stata avviata da un uomo, che chiedeva di essere risarcito per i danni dovuti alle gravi lesioni riportate a seguito di un incidente stradale. Tra questi anche la perdita della capacità di lavoro, compreso quello domestico. La Corte d’appello gli aveva però negato quest’ultimo tipo di risarcimento perchè “non rientra nell’ordine naturale delle cose che il lavoro domestico venga svolto da un uomo”. Gli Ermellini hanno reputato tale motivazione contraddittoria ed illogica per tre ragioni.
Innanzitutto, si è evidenziato che, a prescindere dall’esistenza o meno di un ordine naturale delle cose, la ripartizione dei doveri domestici non è imposta da “madre natura”, ma si fonda invece sulle scelte dei singoli individui e sui costumi della società.
In secondo luogo la visione maschilista prospettata dalla Corte d’appello è contraria al principio di parità e pari contribuzione dei coniugi ai bisogni della famiglia, previsto all’articolo 143 del codice civile. Per di più, non si può fare a mano di notare che chiunque nella propria quotidianità si occupa di una parte, seppur minima, di lavoro domestico, se non altro per soddisfare le esigenze strettamente personali. Pertanto la Cassazione ha stabilito che all’impugnante andasse risarcito anche il danno derivatogli dal non aver potuto contribuire alla faccende domestiche a causa dell’incidente.
Insomma anche la giurisprudenza ritiene che i vecchi pregiudizi sessisti debbano essere superati, non trattandosi tanto della prevalenza di un sesso sull’altro o di rinuncia alla virilità, quanto piuttosto di lavoro di squadra ed equilibrio di coppia.

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