Mancano pochi giorni all’approvazione del nuovo decreto per limitare il bullismo in Rete. Dallo scorso 27 luglio il testo è stato completamente stravolto. Tantissime le perplessità
di Francesca Melody Tebano
Il 13 settembre è il giorno fissato dalla Camera dei Deputati per votare la nuova legge in materia di cyberbullismo. Fortemente voluta dalla senatrice del Pd, Elena Ferrara, dopo la morte di Carolina Picchio, la giovane ragazza che si tolse la vita a causa della diffusione di un video su Facebook, in cui veniva violentata da sei ragazzi.
Nella fase iniziale, la proposta di legge era incentrata sulla difesa dei minori, mentre ad oggi sono numerosi i cambiamenti apportati. A cominciare dall’inserimento di una norma che prevede la convocazione da parte della Questura di chiunque abbia un comportamento o atto illecito, anche non ripetuto, attraverso l’utilizzo della rete telefonica, della rete internet, della messaggistica istantanea, di social network o altre piattaforme telematiche. In sostanza, qualsiasi news su blog o testata, oppure commento su forum o whatsapp ritenuti sgraditi, riguardanti maggiorenni e non, potranno essere rimossi, con una conseguente sanzione fino a sei anni di carcere per il responsabile. È quindi possibile un eventuale rischio per tutti gli utenti che comunicano online. Ma soprattutto nel mirino della nuova disposizione saranno i giornalisti, i blogger, chi si occupa di satira, e in generale tutti coloro che per professione criticano il mondo della politica.
Emergono, inoltre, ulteriori problematiche all’interno del testo, ovvero: una definizione non chiara di cyberbullismo, e il concetto, già presente anche nella riforma sulla legge della Stampa, per cui si scaricano su gestori e siti online gli adempimenti burocratici. Persino l’ideatrice della proposta di legge è, ora, contrariata e lo fa sapere con un post pubblicato sul proprio profilo social: «Il ddl è stato profondamente modificato nelle commissioni Giustizia e Affari sociali innescando una reazione di esperti e organi di informazione che l’hanno definito “una norma ammazza web”. (…) La legge prenderebbe una direzione che la allontana dal testo originale immaginato prima, e redatto poi, per la tutela dei minori sia vittime che bulli e per la diffusione di un’educazione digitale».