La Corte ha annullato la condanna per un uomo colto a praticare autoerotismo al passaggio di alcune studentesse. La sentenza shock ha attuato il decreto legislativo 8/2015 in materia di depenalizzazione

di Danila Sarno

L’atto di chi si masturba in luogo pubblico non è più punito con il carcere. È questa la diretta conseguenza di quanto stabilito dall’articolo 2 del decreto legislativo numero 8 del 2016.

L’intervento normativo ha posto in essere una serie di depenalizzazioni, trasformando diversi illeciti penali in illeciti amministrativi, ora puniti solo con una semplice multa. Tra questi rientrano appunto gli atti osceni in pubblico, che non vanno più considerati un crimine a meno che non siano posti in essere in luoghi frequentati da minori. A beneficiare di tale riforma nei giorni scorsi è stato un sessantanovenne che ha visto annullare la condanna penale che gli era stata inflitta per essere stato beccato, attorno alle 18:30 del 7 dicembre, a compiere atti di autoerotismo nei pressi di una cittadella universitaria, al passaggio di alcune studentesse.
La Corte d’appello di Catania, concordando con il giudice di primo grado, lo aveva dichiarato colpevole del reato di atti osceni di cui all’articolo 527 del codice penale, condannandolo a tre mesi di reclusione, poi trasformati in una multa di 3.420 euro. L’imputato ha però proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la corte territoriale non avesse applicato la causa di non punibilità prevista all’articolo 131 bis del codice penale, nonostante la particolare tenuità del fatto. A detta dell’uomo si trattava invero di un comportamento del tutto occasionale e compiuto in condizioni di ridotta visibilità, dopo il tramonto.
A prescindere da tali affermazioni, la terza sezione penale delle Corte di Cassazione si è trovata con le mani legate e, nella sentenza numero 36867 del 2016, ha dovuto prendere atto dell’intervenuta abolizione di una serie di crimini ad opera del decreto legislativo del 2016: purtroppo il fatto di cui trattasi nel caso di specie non è più previsto dalla legge come reato ed è ora soggetto all’applicazione di una mera sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 5mila e 30mila euro, la cui quantificazione è rimessa al Prefetto. La riforma infatti si applica anche alle violazioni anteriori all’entrata in vigore del decreto stesso, a meno che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. Pertanto la decisione della corte di Catania è stata annullata senza rinvio e la condanna penale del tutto eliminata. La punizione per la performance non richiesta sarà una semplice multa, si spera piuttosto salata.

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