Se visitate la Trinacria durante l’estate, fare colazione con granita e brioche è d’obbligo e diventa un’esperienza indimenticabile

di Maria Barbagallo

La pratica di consumare dolci ghiacciati si perde nella notte dei tempi. Ne troviamo una traccia nella Bibbia: «Mangia e bevi: il sole è ardente, così puoi rinfrescarti», disse Isacco ad Abramo preparandogli latte di capra misto a neve.

Sembra che anche Alessandro Magno, durante le sue campagne, facesse conservare in alcune buche la neve che poi consumava durante le calde giornate mescolando neve e frutta.
I Romani preparavano dei dessert freddi «nivatae potiones» usando ghiaccio tritato e neve e un’altra dose di ghiaccio con succo di frutta per ottenere una sorta di crema.
Durante il Medio Evo la preparazione di dolci ghiacciati scomparve. Furono gli Arabi che la reintrodussero in Sicilia. Essi preparavano lo sherbeth, bevanda ghiacciata che veniva aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose.
I siciliani durante l’inverno raccoglievano la neve sull’Etna, sui monti Peloritani, Nebrodi, Iblei e la conservavano nelle niviere, costruzioni in pietra edificate su grotte naturali o artificiali. In estate si prelevava il ghiaccio che veniva grattato e ricoperto di sciroppi di frutta o di fiori.
Durante il XVI secolo si migliorò la ricetta dello sherbeth, usando la neve mista a sale marino per congelare le preparazioni e la neve passò da ingrediente a refrigerante. Ma fu Francesco Procopio dei Coltelli, vissuto tra il ‘600 e ‘700 tra la Sicilia e Parigi, durante la sua permanenza ad Aci Trezza, dove la neve dell’Etna veniva smerciata anche per uso alimentare, a perfezionare le sue ricerche e conoscenze dolciarie. Egli utilizzò una macchina per produrre questi dolci ghiacciati, inventata dal nonno pescatore, usò lo zucchero al posto del miele ed il sale mischiato al ghiaccio per farlo durare di più.
Esportò tale arte fino in Francia e precisamente a Parigi dove fondò il Café le Procope nel 1686. Le Procope è il più antico caffè di Parigi e secondo alcuni il più antico caffè d’Europa.In voga nel ‘700 e ‘800 fu frequentato da Napoleone e da letterati quali Voltaire, Hugo, Verlaine e anche da Marat, Danton e Robespierre.
Grazie al successo che ebbero i suoi dolci freddi, egli ottenne una patente reale (una concessione) con cui Luigi XIV dava a Procopio l’esclusiva di poter servire acqua gelata (granita), gelati al succo di limone, di arancia, di fiori e sorbetti di fragola. Oggi Le Procope è diventato un ristorante.
Fino a qualche decennio fa la granita veniva servita in bicchieri di vetro accompagnata da pane fresco, che in seguito venne sostituito dalla brioche.
Nella Sicilia orientale la granita è un rituale irrinunciabile al quale non si può resistere durante le calde giornate estive.
Possiamo trovare svariati gusti di granita: i classici limone, mandorla (‘ a minnulata) sulla quale si versa un goccio di caffè caldo, cioccolato preparata con cacao amaro e poi alla fragola, pesca, ananas. Le ottime granite ai gelsi neri e pistacchio di Bronte e la «dietetica» granita al caffè con doppia panna sopra e sotto e l’immancabile «brioscia co’ tuppu».

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