La Cassazione dice basta ai dispetti tra condòmini: se una condotta è tale da provocare grave ansia e mutamento delle abitudini della vittima, scatta la denuncia per atti persecutori
di Danila Sarno
Alzi la mano chi non ha mai avuto a che fare con problemi di vicinato. Dai rumori molesti alle scampanellate, dalle automobili parcheggiate in spazi non autorizzati al passare l’aspirapolvere ad orari improbabili, la lista potrebbe essere infinita.
Certo, è del tutto normale che ci siano piccole incomprensioni e battibecchi, ma alcune volte il vicino di casa può arrivare ad essere davvero troppo fastidioso, tanto da “provocare un grave stato d’ansia e da costringere ad un radicale mutamento delle abitudini”. Come bisogna comportarsi in questi casi? La soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione è la denuncia per stalking.
È del 2016 infatti la sentenza numero 26878, con la quale gli Ermellini hanno ribadito l’estensione della tradizionale portata del suddetto reato, creando la figura dello “stalking condominiale”. Si tratta del reiterarsi di atti negativi che cagionano uno stato di timore ed agitazione nel singolo o in più persone, quali ad esempio appostamenti in androne, telefonate mute, ingiurie su social network e tanti altri. Insomma non la classica lite di pianerottolo !
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’imputato, il quale era stato più volte querelato dal suo dirimpettaio per gli eccessivi dispetti, peraltro riscontrati dalla polizia giudiziaria. Più in particolare si sono rilevate gravi “conseguenze sulla condizione di vita della persona offesa, costretta ad assentarsi dal lavoro e ad assumere tranquillanti, ravvisando in esse gli eventi del mutamento delle abitudini e dell’insorgere di un grave stato d’ansia”. Insomma tutti gli elementi caratterizzanti il delitto di stalking di cui all’articolo 612 bis del Codice Penale. In passato la giurisprudenza ha sostenuto che in tali cause la prova del turbamento psicologico può desumersi dalle sole dichiarazioni della vittima e dai suoi comportamenti successivi alla condotta delittuosa, anche in assenza di documenti di natura medica. A nulla è valso il ricorso dell’indagato: la massima misura cautelare si è resa necessaria, a detta dei giudici, in considerazione dei precedenti penali e delle condizioni di persona dedita all’alcol.
Ovviamente, fatti salvi i casi più gravi, prima di procedere alla denuncia ed adire l’autorità giudiziaria, sarebbe opportuno consultare l’amministratore che, in quanto rappresentante di condominio, svolge anche funzione di mediatore nelle dispute tra i proprietari dell’immobile.