Quando lo sposo è tanto dipendente dalla figura materna da avere una condotta distaccata nei confronti della moglie, l’unione va annullata per inadempimento di un obbligo essenziale del matrimonio
di Danila Sarno
La mamma è sempre la mamma, ci mette al mondo e ci supporta, tanto che per alcuni uomini non c’è confronto con altre donne che tenga: nessuna è come lei, cucina come lei o capisce come lei. Per i mammoni la madre è insostituibile ed unica, e così la guerra tra nuora e suocera è quasi sempre assicurata.
I cocchi di mamma sono sempre di più, tanto che sul fenomeno è giunto a pronunciarsi persino il tribunale ecclesiastico, dichiarando la nullità di un matrimonio concordatario a causa del forte rapporto di dipendenza del marito dalla genitrice. Una vera e propria patologia, manifestatasi dopo le nozze, che aveva reso l’uomo incapace di assumere l’obbligo essenziale “di una minima integrazione psico-sessuale, con la conseguenza di un comportamento anaffettivo e indifferente” nei confronti della moglie. La Corte d’Appello di Brescia ha poi riconosciuto l’efficacia in Italia della decisione canonica.
Tuttavia, in Cassazione, la sposa ha sostenuto che, nel ritenere tale sentenza compatibile con le leggi italiane, la corte bresciana aveva omesso di considerare che la malattia psichica era stata definita dal consulente tecnico “celata nel periodo di fidanzamento”. Il coniuge, dunque, a detta della ricorrente, aveva deliberatamente nascosto una condizione della quale era pienamente consapevole. Considerando l’unione valida, la signora intendeva ottenere la separazione e il diritto all’assegno di mantenimento, non conseguibile con l’annullamento delle nozze. La Suprema Corte ha però chiarito che l’espressione “celare” va intesa nel senso di indicare “una patologia già in atto ma non necessariamente evidente”. Secondo gli Ermellini, inoltre, non osta al riconoscimento della sentenza neppure la contrarietà all’ordine pubblico e al principio dell’affidamento, poiché la disciplina della causa di nullità delle nozze, accertata dal giudice ecclesiastico, è sì diversa dalle norme italiane in tema di invalidità del matrimonio per errore essenziale su una qualità personale del consorte, ma tale” diversità non investe un principio essenziale dell’ordinamento italiano, qualificabile come limite di ordine pubblico”. La condizione mentale da cui si fa discendere la nullità del matrimonio è un ipotesi di invalidità del consenso che prevale sulla tutela dell’affidamento riposto dal coniuge ignaro al momento della celebrazione del rito nuziale.
In fondo, si sa, di mamma ce n’è una sola ed essere riconoscenti nei confronti di chi ci ha cresciuto e sorretto è giustissimo e doveroso, ma l’amore non dovrebbe mai degenerare in un rapporto morboso alla Edipo.