La Cassazione nega l’assegno di mantenimento al coniuge che effettua spese senza controllo, in quanto configuranti violazione dei doveri matrimoniali e causa di addebitabilità della separazione

di Danila Sarno

Per alcune donne trascorrere la giornata tra scaffali e camerini, passando da un negozio all’altro, non è soltanto un leggero passatempo, ma una vera e propria terapia contro la tristezza e lo stress. Attenzione però a farsi prendere troppo la mano: fare acquisti frequenti ed eccessivi può diventare un autentico disturbo della personalità, addirittura implicante una violazione dei doveri coniugali di fedeltà e collaborazione ai sensi dell’articolo 143 del codice civile.

Lo sa bene una donna che, per soddisfare la propria brama di shopping, aveva sottratto denaro a familiari e terzi, ponendo in essere comportamenti che avevano infine spinto il marito a chiedere la separazione. La signora era stata sottoposta ad una consulenza tecnica, al termine della quale era risultata affetta da una nevrosi caratteriale repressa consistente in un impulso compulsivo all’acquisto. Nonostante la sicura diagnosi di “shopping compulsivo”, allo stesso consulente la donna era sembrata perfettamente capace di intendere e di volere in quanto lucida, concentrata e conscia della propria patologia. Alla luce di tali risultanze probatorie, la Corte d’Appello di Firenze le aveva imputato il comportamento che aveva reso intollerabile la convivenza, negandole l’assegno di mantenimento in quanto la separazione era a lei stessa addebitabile.
Anche la prima sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza numero 25843 del 2013 ,ricordando che l’addebito ad un coniuge della separazione richiede l’imputabilità allo stesso del comportamento che ha leso i doveri matrimoniali, ha sostenuto che nel caso in questione il disturbo mentale, pur sussistente, non era tale da escludere l’imputabilità dei furti e acquisti costosi in capo alla ricorrente, la quale quindi non aveva assolutamente diritto al mantenimento.
Buone notizie dunque per i poveri mariti, che se anche non potranno esimersi dall’accompagnare le mogli in giro per centri commerciali, potranno almeno riscattarsi in caso di eventuale divorzio.

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