Secondo me, dovrebbero essere le convinzioni politiche, cioè le idee che uno si forma sul modo di affrontare e risolvere i singoli problemi che di vota in volta assillano una compagine sociale,

a determinare la collocazione all’interno di una parte o partito, in quanto esso più di altri sostiene quelle medesime idee, e non viceversa. Invece nel nostro costume politico assistiamo al fatto che i vari esponenti, in virtù del fatto che si trovano, per scelta o per caso o per convenienza, collocati in un partito o in un altro, abbracciano sostengono ed esprimono le idee che quel partito professa, anche se non le condividono, nel tentativo di convincere gli altri della fondatezza di quelle posizioni e portare a casa un certo numero di voti.

Questo è il vero motivo per cui la gente si schifa, perché si accorge che quello che parla non dice certe cose perché ci crede ma solo perché quelle sono le posizioni dettate e sostenute dal partito a cui appartiene e perché dicendo quelle cose, vere o false che siano, cerca di colpire e danneggiare elettoralmente il partito avversario. Forse è tutta qui la decadenza del sistema politico attuale, beninteso, non solo in Italia.

Secondo me la cosiddetta corruzione, quando i politici la chiamano “questione morale”, non si accorgono che definendola in tal modo l’hanno già trasformata in “questione politica”,  spogliandola  di qualsiasi contenuto morale, perché le conseguenze e i rimedi che per essa si invocano sono il processo e la condanna penali, l’espulsione dal partito, la decadenza o le dimissioni dalle cariche istituzionali che comportano l’esercizio del potere o la gestione amministrativa, sanzioni che non hanno nulla a che vedere con la morale perché le sanzioni e gli effetti delle trasgressioni morali sono altri, sono l’abominio, il disprezzo, la gogna, l’isolamento sociale, la perdita di prestigio e di status, e poiché il tipo di precetto infranto viene definito dal tipo di sanzione che consegue alla sua trasgressione, ne deriva che la cosiddetta corruzione non è percepita e sanzionata dall’attuale coscienza collettiva come colpa morale, bensì solo come infrazione giuridica e politica. Ciò è accaduto perché a principiare dalla fine del XIX secolo a colpi di picconate culturali i signori Nietsche, Freud, Marx, Pirandello ed altri hanno demolito teoricamente la weltanschaung borghese composta di virtù, nel senso romano e non cattolico, di bontà, giustizia, saggezza, patriottismo, che è cosa diversa dal nazionalismo, di buon senso, di ordine, di rispetto del principio di autorità, di religiosità, che è cosa diversa dalla religione, consistendo quest’ultima nell’adorazione di qualche dio e la religiosità invece nel sentimento del sacro, tutte cose che abbiamo poi definitivamente bruciato nella fornace di vite umane delle due Guerre Mondiali. E così l’unico dio rimasto in auge è Plutone al cui ossequio è tributato il sacrificio rituale della corruzione.

Secondo me ha fatto bene Renzi a non raccogliere l’evidente e formale dichiarazione di guerra della magistratura rappresentata dall’elezione di Davigo a presidente dell’ANM e dalle parole immediatamente dopo da lui pronunziate. Ha fatto bene sia perché ha dato con ciò prova di grande saggezza politica e responsabilità istituzionale in quanto una tale guerra aprirebbe un pericolo mortale per la sopravvivenza stessa della Repubblica, sia perché è vero che i magistrati non  posseggono un progetto politico alternativo di sistemazione e assunzione dell’esercizio del potere  di governo, perché non ne sono intellettualmente e praticamente capaci. Essi sono mossi soltanto dalla velleità e dalla vanità di conservazione del proprio immenso potere incontrollato di emettere attestati di presunta moralità a colpi di carcerazioni e di sentenze in nome della legge, che è poi quella cosa in nome della quale furono condannati a morte Socrate e Gesù Cristo.

L’insistito “secondo me” non è artificio dialettico limitativo della giustezza di ciò che ho scritto ma vuol essere inteso come sottolineatura del fatto che si tratta di opinioni personali, come tali non condivisibili e non perseguibili penalmente. Che se poi qualcuno non le vuol condividere o le vuol perseguire non me ne importa niente come non importava niente ai cristiani di essere divorati dalle belve nel circo o agli eretici di essere bruciati, perché sostenevano le proprie convinzioni.

Aldo Di Vito

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Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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