«Mi sovviene quando da Primavera fino a tutta l’Estate da bambina, io e mamma andavamo a prendere papà in ufficio alla fabbrica conserviera della Spinelli»
di Carla D’Alessandro
La Primavera è la mia stagione preferita, la natura si risveglia ed è l’esplosione di odori e colori dal verde delle montagne al rosa e bianco degli alberi, all’azzurro terso del cielo. Le Fresie rilasciano il loro delicato profumo e le Pansé si accoccolano sul terreno.
Risento, a tratti, i profumi della mia infanzia e la mente torna indietro ad epoche lontane, mentre passeggio con il naso all’insù alla ricerca di ricordi chiusi nello scrigno del cuore e della mente. Mi sovviene quando da Primavera fino a tutta l’Estate da bambina, io e mamma andavamo a prendere papà in ufficio alla fabbrica conserviera della Spinelli. Partivamo dalle palazzine del Lupino secco, facevamo la stradina stretta alle spalle della Stazione ferroviaria, salivamo le scale che ancora oggi portano al ponte di Liporta, svoltando alla fine della strada alla fabbrica conserviera della Gambardella. Prima di arrivare al Crocifisso io correvo all’alta ringhiera e chiamavo papà, il quale usciva dal balcone dell’Ufficio, lo salutavo e insieme a mia mamma lo aspettavamo da zia Consiglia, che abitava nel cortile alle spalle della Cappella del Buon Consiglio. Il cortile ci accoglieva, quasi sempre, con l’odore della liscivia di cenere nelle grandi tinozze con i panni messi in ammollo e la zia una signora di ottant’anni dai capelli candidi con riflessi dorati, raccolti in una bella treccia a crocchia, ci riceveva nella sua stanza al pianterreno. Era un ambiente semplice con il soffitto dalle travi di legno e carta, un letto matrimoniale di ferro nero, un tavolo ai suoi piedi e sulla parete dello stesso un comò con sopra le campane della Madonna del Carmine e del Bambino, la vecchia macchina Singer dalla grande ruota. Zia Consiglia era seduta all’ingresso, io la salutavo e con mia madre le chiedevo di dire qualcosa ma la zia ci rispondeva sempre:” che parliamo a fare!” così ci guardavamo ed era tutto detto. Salivamo poi la lunga scala di pietra e andavamo a trovare zia Teresa, sempre loquace e allegra. Il tempo trascorreva veloce nel cortile tra i panni stesi ad asciugare e gli altri bambini che giocavano alla Settimana. Alle diciannove papà ci veniva a prendere, andavamo al corso e al Caffè Romano compravamo il gelato, che sorbivamo seduti sui muretti delle ville di via Matteotti tra i profumi delle prime rose. Il Tempo dei giorni è fuggito veloce, i profumi sono scomparsi, le persone care sono svanite nei meandri del ricordo e per sempre rimangono, ora, solo racchiuse in quadri vetusti, color seppia antica: immagini vere di un’altra epoca vissuta con i profumi primaverili della mia Nocera di allora.