La ricerca nel campo medico non sembra fermarsi e, anzi, grazie alle cellule primitive si stanno compiendo dei passi decisivi verso la risoluzione di disordini storici
di Valerio Kohler
In alcuni discorsi esce spesso fuori il detto che si muore due volte nel corso degli anni: la prima fase subentra quando la persona smette definitivamente di respirare; la seconda, che sopraggiunge un po’ dopo, si compie nel momento in cui il proprio nome viene ricordato da qualcuno per l’ultima volta.
Un destino terribile ed inevitabile, ma che ci ricorda quanto siamo ineluttabilmente mortali; “tempus fugit”, direbbe qualcuno, ed è proprio per questo motivo che una sindrome come quella dell’Alzheimer ci terrorizza. Perdere non solo la vita ma addirittura la propria coscienza sembra un fato ben peggiore della morte, che ci porta a lasciare un involucro vuoto di noi stessi; ancora in vita, eppure in lento decadimento. La parte peggiore delle malattie legate al sistema nervoso è che sono sempre state difficili da prevenire, soprattutto quando legate ad una lenta degenerazione delle cellule. Dei ricercatori universitari sono però arrivati a trovare una possibile soluzione, un espediente che potrebbe portare negli anni a venire ad una cura definitiva non solo dell’Alzheimer, ma di tutte le malattie legate al sistema nervoso: stiamo parlando di promettenti studenti provenienti dalle università di Stanford e Rutgers, che si sono uniti per sfruttare le potenzialità delle cellule staminali.
Trovandosi ancora in uno stato primitivo, le cellule possono ancora sfruttare il differenziamento cellulare per trasformarsi in qualsiasi tipo desiderabile. Questa possibilità, unita alle ricerche mediche, le rendono compatibili con moltissimi studi, compresi quelli compiuti, appunto, dagli studiosi. La ricerca, pubblicata su Nature, ha descritto un substrato tridimensionale di fibre che è servito a mutare delle cellule staminali adulte in neuroni perfettamente funzionanti. Lo scopo è quello di inserire questi neuroni in salute all’interno del cervello degli individui con problemi legati alle cellule. La tecnologia, ancora in fase sperimentale, potrà passare alla sperimentazione sull’essere umano nel giro di 10, massimo 20 anni, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che questa scoperta ha rafforzato la fondamentale importanza delle cellule staminali nel campo della ricerca medica.