Fino a poco tempo fa ho creduto che la peggior cosa che il dio nostro, creatore e signore del cielo e della terra, avesse inventato fosse la morte.
Sempre rappresentata orrida e repellente, nera scura feroce, il tarlo incomprensibile del genere umano, esorcizzata in mille modi, addobbando le tombe a mo’ di dimore terrene e imbalsamando i corpi come per fingere che la vita continuasse, fino a negarla come fine di tutto e ad inventarsi un’altra vita oltre quella terrena, fatta di gioia e contemplazione, e persino una resurrezione finale di tutti, il fatidico giorno del giudizio universale, più o meno una specie di sentenza di cassazione, in cui egli ci dovrà giudicare, contraddicendosi con quanto disse, “Non giudicate”.
Questa simpatica sora morte corporale, tanto definita come negatività da concepirla come condanna e punizione per una colpa commessa, quella di non aver convenientemente onorato e glorificato dio e di avergli disobbedito, trasgredendo ai suoi voleri, disobbedendogli e ribellandosi, per aver voluto testardamente assaporare il frutto dell’albero della conoscenza, complici la donna e il serpente. Insomma non era dio ad averla spontaneamente creata ma eravamo noi ad averlo costretto a farlo in conseguenza delle nostre malefatte: il peccato. Il quale poi non sarebbe comunque esistito se qualcuno non avesse posto un divieto, un qualcuno che avrebbe dovuto già sapere che lo avremmo trasgredito. Ma questa è già un’altre storia e non vorremmo allargare troppo il discorso se no arriviamo a mille e una notte.
Più di recente, stranamente proprio approssimandosi il triste evento, ho cambiato idea. Col passar degli anni, verificando come il mondo che ci circonda diventi diverso da noi, lontano, incomprensibile, specie di questi tempi in cui lo fa molto rapidamente, impattando in luoghi, persone, eventi, culture, mentalità, modi di porsi e di ragionare, comportamenti, dai quali ci sentiamo tanto estraniati da non potersi neanche immaginare un confronto, una reciproca persuasione, pur cercando di fare sforzi immani per compenetrare la logica altrui, finché si rinuncia scoraggiati.
Penso al gap generazionale fra genitori e figli, allorché costoro agiscono in modo per noi crudele e per loro del tutto naturale, sicché desiderare un aiuto fisico o morale, un gesto confortante, una parola affettuosa, il sacrificio di una giornata festiva o di una gita con gli amici ha il senso dell’eresia e dell’assurdo; non penso neanche ai grandi crimini che ci sono sempre stati, però fatti e riconosciuti come tali, espressione di vera cattiveria, di brutalità, di odio, di perversione, no, ora c’è il crimine quotidiano, il male strisciante, l’egoismo il cinismo il proprio interesse economico come regola normale di vita, l’indifferenza, l’assenza di qualsiasi palpito sentimentale se non per mimetizzare l’approccio sessuale, spesso omo, il possesso incontrastato su un’altra persona e se no l’ammazzo e la distruggo senza neanche scompormi; penso al grigiore della vita civile e politica, ove tutti i gatti sono bigi, i governanti ignorano completamente che il potere è dato loro per preoccuparsi e occuparsi del popolo e i governati si pascono di belle parole come libertà e democrazia, fingendo d’ignorare che in una società moderna, ove la tecnologia ci sta portando a tipi di società orwelliane, si tratta solo di parole; penso all’impero del capitalismo finanziario che non demorde dall’opera di omologazione globale, cancellando le diversità e l’autonomia di pensiero individuale affinché tutti siamo consumatori; penso alla morte dell’arte, della poesia, della musica, cancellate dalla tecnologia. E a tante altre cose ancora che rendono pian piano intollerabile l’esistenza in questo mondo.
Non che questo accada soltanto ora, è sempre accaduto.
Con la conclusione che forse aveva ragione Lui. Il male assurdo non è la morte ma sarebbe stato continuare a vivere in un mondo che non è più quello in cui siamo nati e vissuti, che non comprendiamo e non ci comprende, processo provvidenziale predisposto per renderci accettabile la fine, se non addirittura a desiderarla. Forse l’invenzione insensata non è la morte ma il Tempo.
Aldo Di Vito
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