A Nocera Superiore Francesco De Angelis, 32 anni passati con indosso la divisa da carabiniere, urla alla stampa la sua rabbia per le ingiustizie che ritiene di aver subito

«Voglio lottare e resistere, per i miei diritti e per quelli dei colleghi che sono morti prima di poterli richiedere». A parlare così è l’ex brigadiere dei carabinieri Francesco De Angelis, 50 anni, due figli di 19 e 24 anni ed un tumore a polmone e cervello contro il quale sta lottando con le unghie e con i denti, che lui afferma aver contratto a causa dell’esposizione all’uranio impoverito durante le sue missioni all’estero. «Sono un servitore dello Stato con 32 anni di onorato servizio nell’Arma», dice di se.

Francesco ha convocato ieri la stampa per far sentire la sua voce contro quella che ritiene una grandissima ingiustizia subita: lo Stato non gli ha riconosciuto di essersi ammalato a causa del servizio prestato.
«Se mi trovo qui oggi – ci dice – è perché mi sento vittima dello Stato italiano che viene meno alla tutela dei principi fondamentali quali l’uguaglianza ed il rispetto della dignità dell’essere umano, nonché alla tutela della salute costituzionalmente garantita dall’articolo 32. Io lotto da cinque anni contro un tumore maligno partito dal polmone, poi estesosi al cervello, ho subito diversi interventi chirurgici, chemio e radioterapie, la mia sopravvivenze è strettamente legata all’assunzione di un farmaco salvavita. Da studi scientifici accertati – continua l’ex brigadiere – la mia malattia e quella di tanti altri colleghi è la conseguenza dell’esposizione massiccia all’uranio impoverito presente nelle zone in cui per anni ho prestato servizio». Francesco De Angelis è stato – tra il 1999 e il 2005, in Bosnia, in Albania, nel Kosovo, sempre a contatto con proiettili contenenti il pericolosissimo uranio impoverito.
«Io sono stato chiamato a servire in questi Paesi con pochissimo preavviso – continua l’ex militare – lasciando moglie e figli, senza remore per obbedire a un ordine con senso del dovere e amore per lo Stato come ho fatto nello stesso modo e più in Italia. Stato che però non mi ha mai esposto i rischi ai quali andavo incontro, Stato che non si è preoccupato di informarmi e tutelarmi sul grosso rischio di esposizione all’uranio impoverito, Stato che non mi riconosce la causa di servizio, Stato alla mercè di una burocrazia che a qualcuno dà, ma a molti toglie».
Francesco si definisce «Un uomo che lotta per la vita che porta dentro l’amarezza per essere stato tradito dallo Stato che ho servito onorato e amato con abnegazione».
Il carabiniere in pensione mostra con orgoglio una parete piena di encomi solenni da parte dell’Arma per operazioni anticrimine fatte, e il diploma di Cavaliere della Repubblica all’ordine e al merito della Repubblica Italiana.
Francesco ha avuto la notifica che non gli era stata riconosciuta la causa di servizio il 18 settembre 2015: ben quattro anni dopo la sua istanza, senza nessuna motivazione a corredo ed in un momento in cui era in particolare crisi rispetto alla sua malattia tanto da non aver la forza di presentare tempestivo ricorso. Ora si è affidato a due legali: il primo gli curerà la causa di lavoro presso la Corte di Appello; il secondo gli curerà le pratiche relative al TFR, che non ha ancora percepito, e quelle sulla pensione.
«Perché in tutto questo – conclude amareggiato – non ho nemmeno avuto la pensione privilegiata che mi spettava, ma solo quella ordinaria essendo stato giudicato inabile al cento per cento al servizio».

Gigi Di Mauro

nelle foto: in alto Francesco De Angelis oggi; a destra prima di ammalarsi; sotto alcune delle medaglie ottenute nel corso della sua attività all’estero

Lascia un commento