La sua diffusione ha riportato in auge discussioni una volta sopite: rimarremo attanagliati dalla tecnologia? Riusciremo a mantenere la nostra indipendenza?

di Valerio Kohler

Sulla realtà virtuale si potrebbe parlare per ore, in quanto non è un fenomeno recente, non almeno quanto molte persone potrebbero pensare. La possibilità di esplorare realtà irraggiungibili è sempre stato un sogno per l’essere umano, che sin dalla seconda metà del ‘900 ha tentato qualsiasi strada possibile per arrivarci.

Tra gli esperimenti più rilevanti ci sono sicuramente quelli relegati al mondo del videogioco, quelli di Nintendo e Sega, rispettivamente il Virtual Boy, uscito nel 1995 e il Sega VR che, purtroppo, non raggiunse mai il mercato casalingo. In ogni caso, le tecnologie dell’epoca non permisero mai uno sviluppo serio, né un supporto dei dispositivi, che presto caddero nel dimenticatoio.
E’ stato soltanto nel 2010 che la realtà virtuale è tornata in auge, grazie ad una giovane promessa chiamata Palmer Freeman Luckey. Il suo Oculus Rift fu una rivelazione per molti: un dispositivo che avrebbe permesso di spostare la visuale direttamente con la testa, fino a 90 gradi. Una novità che non solo sconvolse il mercato dei videogiochi, ma che si diffuse fino a colpire molti settori, persino quello pubblicitario. Da quelle giornate di 6 anni fa il giovane Oculus ne ha fatta di strada, arrivando oggi ad avere una sua versione definitiva e un’azienda vera e propria sulle spalle, la Oculus VR, che alla sua vendita vantava un valore di ben 2 miliardi di dollari. Ebbene sì, la casa fu venduta nel 2014, ma a chi? La cosa potrà sembrare strana, ma fu Facebook stessa ad accaparrarsi i diritti di Oculus. In un mondo in continua crescita bisogna adattarsi o morire e questo Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook, lo sa bene. Il social network fu il primo a diffondere pubblicità e video in realtà virtuale, cosa che, a detta di molti, sarà il futuro. In tutti questi dati, però, sono partiti dei dubbi: e se l’Oculus fosse un ostacolo? Se mettesse fine agli incontri in vita reale? La paura c’è ed è normale, dopotutto è anche noto che l’essere umano è spaventato dalle cose che non conosce perché, sì, l’Oculus è arrivato ad una sua versione commerciale, ma non è ancora giunto nelle mani di nessuno.
I preordini sono cominciati solo recentemente, ad un prezzo di 700 euro, e ci si aspetta che i modelli arrivino per la fine di marzo. Non ci sono quindi dati per essere sicuri che porteranno la felicità dei consumatori o una diminuzione delle attività sociali. Quello che è certo è che con Toy Box, videogioco che permette la comunicazione tra più persone e Oculus Touch, un controller appositamente sviluppato per il visore, è possibile interagire online con una persona in maniera incredibilmente diretta, tanto da ridurre le differenze che si potrebbero avere rispetto ad un incontro faccia a faccia. Alla discussione sono infine intervenute due autorità del settore piuttosto influenti; Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook e Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft. E’ stata soprattutto Sheryl a parlare del problema, all’Economic Forum in Davis, chiarendo ogni possibile paura: “La realtà virtuale porterà me e Satya a non avere più contatti umani? Quella che chiamano la quarta rivoluzione industriale porterà alla distruzione di tutti i lavori? La mia risposta a tutto ciò è no”; certo, sono pur sempre parole, ma quello che si estrapola da tutto ciò è che i visori serviranno soltanto da arricchimento per i consumatori. Le esagerazioni ci saranno sempre e, come per tutte le cose, sta alle persone trovare un equilibrio.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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