Secondo uno studio condotto dagli economisti di Deloitte e pubblicato da The Guardian, non ha soltanto incrementato i posti di lavoro rispetto al passato ma ha anche aiutato ad un generale miglioramento delle condizioni di vita
di Valerio Kohler
Lo scontro tra uomo e macchina non fa parte di mondi fittizi ma è una realtà vissuta ormai da secoli. Dai primi segni della rivoluzione industriale ma soprattutto dalle prime proteste partite da Ned Ludd nei confronti dei telai, si è sempre presentato il quesito fondamentale ed etico riguardo l’importanza che veniva data alle macchine rispetto all’uomo.
A questo quesito però, non seguirono risposte concrete, anzi. Questo timore nei confronti delle macchine coinvolse anche i computer e i recenti automi.
Senza alcune chiare delucidazioni, non si poteva far altro se non distaccarsi mentalmente da un settore in crescita che avrebbe potuto minare le condizioni di vita di ogni uomo.
Ma finalmente si può affermare chiaramente quanto le macchine abbiano e stiano attualmente migliorando ogni comparto delle società, a partire dal lavoro stesso.
In primis, i lavori più pericolosi e rischiosi sono stati affidati alle macchine, in grado così di poter migliorare la produzione e di ridurre i costi.
Questo ha inoltre portato ad un’effettiva apertura di nuovi settori economici, come quello informatico. La tecnologia è stata in grado di fornire una profonda conoscenza e nuove possibilità di lavoro alle popolazioni, le quali sono state in grado di poter entrare in reparti difficilmente raggiungibili in passato, come quello medico o quello legato all’istruzione.
Il progresso tecnologico poi, è innegabile, ha ridotto drasticamente i costi di moltissime attività e ha aumentato i redditi, il che ha permesso a ogni ceto sociale di comprarsi sporadicamente dei lussi.
Nello studio viene infatti evidenziato come il prezzo delle macchine, per esempio, sia diminuito nel corso degli ultimi 25 anni, portando non solo ad un aumento delle produzioni ma anche ad un diretto incremento dei posti di lavoro.
In conclusione, viene affermato quanto le migliori condizioni di vita abbiano influenzato anche altri lavori, specialmente quelli legati alla cura del corpo, cosa che ha portato all’assunzione di numerosi parrucchieri.
Lo studio si chiude quindi con una nota positiva e decisa.
Nel 1871 c’era un parrucchiere per ogni 1793 britannici: oggigiorno, grazie al progresso tecnologico, è possibile trovarne uno per ogni 287 abitanti.