Con questa massa di denaro europeo in movimento sarebbe opportuno prevedere l’indennizzo per i malcapitati risparmiatori a cui nel 2012 è stato sottratto in malo modo l’80 per cento del risparmio investito in titoli dello Stato greco
Il Parlamento greco ha approvato, in maniera bizantina ed opportunistica, le gravose condizioni di Bruxelles, per incassare gli otto miliardi di euro (prima tranche degli “aiuti” promessi).
La soluzione dei problemi di fondo, con il debito pubblico greco insostenibile, è solo rinviata nel tempo.
Nei giorni precedenti l’accordo di Bruxelles avevo suggerito di finanziare con denari europei i proprietari di abitazioni della Grecia, per complessivi 60 miliardi di euro, con contemporaneo giro di questi capitali al Governo ellenico mediante imposta patrimoniale del 10/15 per cento.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) segnalava questa cifra – 60 miliardi di euro – come occorrenza finanziaria della Grecia per i prossimi sei anni.
L’operazione da me suggerita, da porre in essere a cura delle “banche di sistema” operanti in Grecia, avrebbe riguardato un finanziamento medio di 15.000 euro per appartamento, tenuto conto di un parco immobiliare di circa quattro milioni di unità. Prestito da restituire agli enti finanziatori, a cura dei cittadini greci finanziati, in 20/30 anni ad un tasso d’interesse minimo.
La mia proposta non è stata presa in considerazione. Sono state prese altre strade, evidentemente ritenute più consone alla situazione e meglio percorribili.
Invero tra le altre misure adottate in sede europea, in approvazione ad Atene, vi è la costituzione di un fondo di garanzia di 50 miliardi di euro, con la previsione di inserirvi e mettere sotto ipoteca non gli appartamenti dei Greci, bensì strutture ed immobili di valenza nazionale: porti, aeroporti, azienda elettrica e telefonica, aziende di distribuzione dell’acqua di Atene e Salonicco, ecc. ecc..
Dunque una misura molto più impegnativa e “dispersiva” della realtà economica della Grecia.
L’Eurosummit che ha preparato i termini dell’accordo ha ricordato di aver già in passato ridotto i costi del servizio del debito greco. Tuttavia si è detta disponibile «a considerare misure addizionali come un periodo di grazia più lungo (cioè una moratoria a tempo sui rimborsi) e un allungamento delle scadenze» per garantire che il debito sia sostenibile.
L’Eurosummit ha chiarito che un «haircut (cioè il taglio del valore nominale del debito) non può essere previsto». Quest’ultima era la principale richiesta di Tsipras.
Se questo principio sacrosanto – NO HAIRCUT – fosse stato applicato nel 2012, moltissimi risparmiatori europei (migliaia gli italiani) non avrebbero subìto in maniera proditoria ed illegale l’abbattimento del valore nominale, in ragione del 75%, dei titoli dello Stato greco inseriti nei loro portafogli.
Da quel momento e da quella sciagurata operazione della Grecia si è alimentata ed è cresciuta la sfiducia dei risparmiatori verso le istituzioni nazionali ed europee. Istituzioni (Commissione e Banca Centrale europea) che all’epoca non hanno mosso un dito per bloccare la Grecia nella sua avventata, controproducente operazione finanziaria.
Alcuni arrivano ad ipotizzare che le Istituzioni europee ed il Fondo monetario internazionale (FMI) avessero addirittura auspicato ed approvato quell’insano intervento di Atene, a tutto danno dei malcapitati risparmiatori europei.
In quella fase storica – lo si legge in alcuni report giornalistici – l’attenzione era tutta concentrata nel recupero pieno dei crediti verso la Grecia vantati dalle banche europee, quelle francesi e tedesche in modo particolare.
Con questa massa di denaro europeo in movimento per l’operazione Grecia (circa 90 miliardi di euro) sarebbe opportuno – pur tardivamente – prevedere l’indennizzo per i malcapitati risparmiatori a cui nel 2012 è stato sottratto in malo modo circa l’80 per cento del risparmio investito in titoli dello Stato greco.
Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it