Approvata quasi alla chetichella insieme ad altre direttive comunitarie, arriva dal 2016 la legge che permetterà alle banche in difficoltà di risanarsi con i soldi degli italiani. Per il momento esclusi i conti sotto i centomila euro
di Nino Maiorino
Qualche avvisaglia era giunta, ma ora sembra che la norma ci sia. Tecnicamente si chiama “bail-in” ed è stato approvatoi dalla Camera insieme ad altre 57 direttive comunitarie, 6 regolamenti e 10 decisioni quadro, dando il via libera (definitivo) al disegno di legge di delegazione europea 2014.
Ma dietro questo termine di origine anglosassone, incomprensibile e sconosciuto ai più, si potrebbe celare un’operazione che rischia di trasformare l’Italia come la Grecia.
Il bail-in, in estrema sintesi, significa infatti che le banche in default possono risanarsi attingendo a risorse interne (con prelievi anche dai correntisti) anziché fare ricorso a risorse esterne (ad esempio le casse pubbliche, ricapitalizzazioni, ecc.): la direttiva europea 2014/59/UE (“Bank Recovery and Resolution Directive”) affronta il problema delle banche in crisi con strumenti nuovi per far fronte alle situazioni di dissesto anche in via preventiva.
Tra questi strumenti c’è proprio il bail-in, ovvero la possibilità, a partire dall’ 1° gennaio 2016, di risolvere i problemi degli istituti di credito non solo ricorrendo ad azionisti e obbligazionisti, ma anche ai depositi superiori ai 100mila euro.
In estrema sintesi dal prossimo gennaio se la banca in cui si ha il proprio conto corrente rischia di andare in default, insieme agli azionisti pagheranno anche i clienti, ai quali verranno prelevate le somme dai conti correnti, soltanto se superiori a 100mila euro.
Dal Ministero del Tesoro è arrivata la smentita: il “prelievo forzoso”, paventato dalle opposizioni, non c’entra nulla, visto che il termine si riferisce al prelievo straordinario sui conti correnti, mentre la legge approvata è relativa alla “non rimborsabilità” dei conti al disopra dei 100mila euro, giacenti in una banca che rischia il fallimento e nella quale gli azionisti (e gli obbligazionisti) non riescono a far fronte alle perdite.
Ma, come si dice, invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Il risultato, infatti, che si prelevino direttamente le somme dal conto o che si impedisca il rimborso, è il medesimo: il risparmiatore non potrà, comunque, riavere indietro il suo denaro e parteciperà, suo malgrado, alle vicissitudini della banca.
In fin dei conti, lo scopo della direttiva europea è proprio quello di risanare il sistema bancario che versa ormai da anni in forte crisi (solo in Italia si stima una “sofferenza” di oltre 300 miliardi di euro).
Comunque la direttiva è stata recepita e il suo valore sarà vincolante per lo Stato a partire dal prossimo gennaio: questo il “risultato” che si intende conseguire, al legislatore nazionale spetta decidere “la forma e i mezzi” per ottenerlo.
Resta da vedere, dunque, come si muoverà il Parlamento italiano.
L’allarme è stata data delle opposizioni (M5S e Forza Italia in primis, tra i 113 contrari al provvedimento) e il rischio è, come scrive Beppe Grillo sul suo blog, che il limite di oggi superiore a 100mila euro, finisca “a 30mila come già avvenuto in Germania”.