Si chiamava Dario. Avrebbe potuto chiamarsi Nicola, Antonio, Mauro, Giuseppe… Era il figlio che ciascuna mamma vorrebbe vedere condurre una vita serena, prima portandolo per mano e guidandolo verso le scelte giuste da compiere,  poi lasciandolo procedere con le sue gambe.

Lascandolo libero di fare bene o di sbagliare, di procedere spedito ma anche di cadere per imparare a rialzarsi.  
Era… Non  più. Non su questa terra, quanto meno. Però, per favore, mettiamo tutti via la retorica, gettiamo nel cestino della carta straccia il buonismo di forma, non concediamo diritto di cittadinanza a quel desiderio di vendetta che – pericoloso come nessun’altra cosa – può innescare una ininterrotta spirale di violenza.
Mai nessun dolore è innaturale come quello di una mamma e di un papà cui il destino infligge la condanna più crudele: sopravvivere al proprio figlio. E’ a quel dolore che dobbiamo rivolgere il nostro pensiero. E’ a quelle lacrime che mai conosceranno tregua che dobbiamo guardare con solidarietà umana e umana partecipazione.
Mobilitazione sia, a patto che abbia un senso. Mobilitazione di tutti.  Delle mamme e dei papà perché si possano interrogare sugli esempi che la quotidianità offre ai loro figli. Dei ragazzi, dei coetanei di Dario, dei più piccoli, dei più grandi. Si fermi per un’istante quella corsa frenetica che è la vita per lasciare spazio alla riflessione, per ripensare a quanto sia bella l’esistenza e a quanto valga la pena di viverla fino in fondo. La morte di Dario – che pure è una tragedia – diventi un inno alla vita. Basta con i giovani che sprecano il loro tempo più prezioso o che, peggio ancora, lo accartocciano per buttarlo via incoscientemente.
Basta con l’autolesionismo in tutte le sue forme.
Basta con la moda della sbronza storica da postare in rete per dimostrare di essere “grandi”. Quella potrebbe anche essere l’ultima stupida impresa di una vita sprecata.
Basta con la ricerca di una via d’uscita dalla routine e dalla monotonia attraverso il ricorso a droghe leggere o pesanti.  Non è più tempo di sperimentazione per lo “sballo”: dietro non c’è nulla se non il vuoto e il rischio più grosso.
Basta con tutto ciò che solo perché estremo eccita ed esalta. Grandezza, eccitazione, esaltazione sono di quanti comprendono che la sfida vera, quella più carica di adrenalina è affrontare la vita a testa alta, guardandola dritta negli occhi e – se è il caso – prendendola per il collo e domandola!
Se la mobilitazione in memoria di Dario saprà essere tutto questo lascerà una traccia e avrà un senso. Non riporterà Dario in vita – ahimé, ahinoi  – ma almeno onorerà la memoria di quel ragazzo dal sorriso solare con un impegno solenne – un momento di forte crescita sociale e civile – affinché tragedia del genere non si ripetano.

Pat

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