A trent’anni dalla morte di Giuseppe – Joe – Marrazzo, i suoi amici, i colleghi ed i figli riuniti a Palazzo di città, nel ricordo appassionato delle sue doti professionali e umane
di Francesca Fasolino
«Joe Marrazzo è stato un grande giornalista, ma soprattutto un grande uomo, che faceva del giornalismo una missione»: queste le parole con cui Salvatore Campitiello ha voluto ricordare Giuseppe Marrazzo, giornalista di origini nocerine, nell’incontro dal titolo “Semplicemente Joe… Nocera nel cuore“. Quello di ieri non è stato il classico convegno commemorativo, ma è stato un incontro tra amici e colleghi che hanno voluto ricordare il coraggio, la passione e l’umanità di un collega e, soprattutto, di un amico che ha lasciato un segno indelebile nel cuore e nella mente di tutti. Ad accompagnare e commentare gli spezzoni di un documentario su Joe Marrazzo, sono state le parole dei relatori che lo hanno conosciuto. A mediare il dibattito la giornalista Annamaria Barbato Ricci.
Ad aprire il convegno è stato il sindaco Manlio Torquato, che orgoglioso ha ricordato come Nocera sia una città di cultura, da cui sono nate personalità importanti come lo stesso Marrazzo, Domenico Rea e Lello Pucci e come Joe sia stato un uomo di popolo, che ha combattuto con coraggio battaglie molto difficili. Anche il vicesindaco Maria Laura Vigliar, che ha voluto fortemente l’iniziativa, ha ribadito l’importanza di dover custodire e tramandare il ricordo del giornalista Rai originario del rione Casale del Pozzo. Joe, Giuseppe, Geppino: ognuno dei presenti che lo ha conosciuto lo ha voluto ricordare sotto diversi aspetti, ma tutti hanno voluto condividere con il pubblico la testimonianza del suo amore per il giornalismo, e soprattutto del suo modo di lavorare. Da Leonida Primicerio, sostituto procuratore Antimafia, che ha ricordato un Joe che, per il suo modo di raccontare la verità «deve essere considerato un rivoluzionario, un frammento della nostra memoria e un pioniere nel giornalismo d’inchiesta», a Vito Faenza, giornalista, scrittore ed ex corrispondente dell’Unità, che ha divertito i presenti raccontato simpaticissimi aneddoti legati al giornalista nocerino, al suo voler essere sempre il primo a dare una notizia, anticipando e beffando molto spesso i colleghi. «Ricordo di una bambina che, estratta dalle macerie a seguito del terremoto dell’80, si era salvata grazie alla protezione offertale da alcuni libri, tra i quali spiccava “Cristo si è fermato ad Eboli” – ha raccontato Vito Faenza- Prima ci dicemmo che non avremmo dovuto parlare dell’episodio del libro perché sembrava inventato a causa del titolo stesso del libro, ma, tornato a casa e accesa la televisione, vidi che Joe stava raccontando tutto». Faenza ha anche voluto ricordare gli insegnamenti di Marrazzo, «Joe mi ha insegnato come si fa cronaca e come non bisogna avere paura di fare le domande, anche quelle più scomode». Il giornalista Roberto Marino ha invece ricordato la grande umanità di Joe, il rispetto che nutriva verso i colleghi giornalisti e come abbia raccontato e fatto conoscere la mafia, una realtà sconosciuta nell’Italia degli anni 70. «Joe è stato un grande testimone – ha raccontato Marino – ha denunciato per primo il contagio tra mafia e politica ed è grazie a lui che oggi si può parlare di questo mostro». Nel suo intervento Isaia Sales, docente di Storia delle Mafie dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha evidenziato come «Marrazzo abbia potuto affrontare il fenomeno grazie alle conoscenze che aveva acquisito nell’Agro nocerino sarnese. Come Borsellino e Falcone riuscivano ad entrare nella mente del mafioso, così Joe riusciva ad entrare nella mente del camorrista». Anche Salvatore Campitiello, consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti, ha voluto ricordare l’inviato di Rai 2: «Per noi dell’ordine Joe è stato un grande del giornalismo. Sapeva raccontare la verità e soprattutto verificava le fonti». Presenti anche i due figli di Marrazzo, Piero e Giampiero. Per quest’ultimo, giornalista e direttore di Futuro Quotidiano, Joe è stato e continua ad essere un esempio. Nonostante Giampiero abbia conosciuto il padre soprattutto attraverso le inchieste e i documentari, a causa della morte prematura, egli vive il suo lavoro non come un confronto con il padre, ma come una continuazione di un percorso. «Oggi nel giornalismo si tende a cercare reazioni estreme per avere quei dieci minuti di notorietà. C’è però la necessità di umanizzare le interviste, di tornare ad un giornalismo fatto di domande e non di artifizi». Piero, che oltre ad essere un giornalista Rai lui stesso ha avuto trascorsi politici grazie ai quali ha seguito a lungo il padre, ha voluto ricordare l’attaccamento e l’orgoglio di avere radici nocerine di Geppino, così come lo chiamavano i suoi concittadini, e di come Nocera e la Nocerina fossero nel suo cuore. Chiedeva spesso, ricorda l’ex Governatore del Lazio, anche quando era fuori, “Che ha fatto la Nocerina?”. Per Piero, viste le diverse personalità legate alla nostra città, Nocera potrebbe rivendicare un ruolo importante all’interno della memoria nazionale. L’incontro che ha attirato tante persone, non ha però attirato i giovani, del tutto assenti. Di ciò non si è detto preoccupato Piero Marrazzo, secondo il quale «Ai giovani non viene data la possibilità di conoscere il lavoro di Joe e di tanti altri perché vengono offerti altri protagonisti. Incontri come questi devono arrivare ad essi e far capire loro perché questi argomenti sono importanti».