Fatto inusuale lodevole meritorio, un gruppo di giovani, invece che parlare solo di pallone e di rock e di sesso, hanno deciso di dedicare il loro tempo e le loro attenzioni al Castello e al Parco Fienga, e hanno persino fondato un’associazione che si chiama “Ridiamo vita al Castello” che essi definiscono giustamente complesso archeologico simbolo della città di Nocera Inferiore.
Vogliono preservarlo, salvarlo dalla rovina, rivalorizzarlo, difenderlo dal vandalismo, dall’abbandono e dall’indifferenza. Addirittura vanno ogni tanto a visitarlo, a ripulire i sentieri e le rampe con il lavoro materiale delle loro braccia.
Per quanto mi riguarda, non posso ignorarli, li apprezzo, li accompagno e li aiuterò in questa loro azione. Mi sento in diritto e in dovere di farlo, perché se qualcuno ed anche essi stessi non se ne ricordano, il Parco e il Castello hanno vissuto la loro stagione più vitale proprio Di Vito consule, dopo che, devo riconoscere, in passato anche Antonio Guerritore se n’era attivamente interessato.
Altrove ho già scritto:
“La camorra montante progettava di appropriarsi del lucroso settore economico edilizio e del Parco Fienga. Il “Parco” e il castello sono luoghi sacri alla memoria cittadina, patinati di storia medioevale. Da ragazzi ci andavamo a caccia di lucertole, immaginando d’incontrare fra i ruderi fantasmi, armigeri, papi e castellane lussuriose, di scoprire scheletri impolverati, elmi, spade, forse tesori, come avevamo sentito nei “cunti d’e viecchie antiche”. Il Castello fu costruito dai Longobardi, a presidio militare dell’Agro e della città di Nofi. La torre che vi si trova ancora attualmente, nucleo centrale ed estremo di difesa fu ricostruita nel Sec.XIII, forse dagli Svevi o dagli Angioini, ma è certo che questi ultimi vi si rifugiarono spesso, in particolare Giovanna II La Pazza.
Il Castello fu poi ricostruito in epoche successive e con la collina dagli inizi del ‘900 appartenne ai Fienga, ricchi industriali, da sempre nell’immaginario cittadino simbolo antonomastico di ricchezza irraggiungibile. A cavallo degli anni ’60-70 essi furono travolti dal crollo finanziario e ne fu dichiarato il fallimento. Il Castello con tutta la collina furono messi all’asta.
Il Comune non poteva lasciare che quel residuo polmone di verde e di storia cadesse nelle mani della speculazione e della delinquenza che ci avevano messo gli occhi sopra. Quindi ne fu deciso l’acquisto già durante l’Amministrazione di Antonio Guerritore, che fu portato a termine definitivamente dall’Amministrazione di Giorgio Barbarulo”.
Io ho ristrutturato il Castello che stava per crollare e sistemato il Parco, io ci ho fatto venire, oltre a tutte le migliori compagnie teatrali napoletane, Luigi De Filippo ecc., Arnoldo Foà, Nicola Arigliano, Fiorello, Luciano De Crescenzo, Caterine Spaak, Franco Califano, il Quintetto dell’Opera di Vienna, l’orchestra di Cracovia, la moglie del governatore Cuomo, gli studenti belgi, Enrico Letta, i maggiori jazzisti di fama mondiale. E i nocerini la domenica ci andavano a prendere il sole, a passeggiare e a fare le foto di matrimonio.
Non posso tollerare e non tollererò che ora versi nello stato in cui versa: discariche ovunque, i ruderi medievali a rischio di crollo, la Sala dei Cavalieri invasa dalle erbacce.
L’Amministrazione comunale, che ne è proprietaria e custode deve insindacabilmente decidere la destinazione, la regolamentazione, la gestione (io dico in proprio), frattanto una custodia seria, assidua e affidabile, accompagnare, incoraggiare e magari utilizzare l’amore e l’impegno di questi giovani. E subito mettere in sicurezza le strutture più antiche e pericolanti. Non c’è tempo da perdere.
Aldo Di Vito
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