Berlusconi con l'ultima fiamma

L’esito del processo all’ex premier disorienta, e non poco, gli Italiani, dal momento che è già in piedi un altro ramo del processo che tratta dei generosissimi pagamenti alle cosiddette Olgettine

Berlusconi con l’ultima fiamma

di  Nino Maiorino
E ora che il processo Ruby.1, riguardante le accuse di concussione e prostituzione minorile, si è concluso con la definitiva assoluzione di Silvio Berlusconi da parte della Corte di Cassazione, viene spontaneo farsi alcune domande in merito alla verità e alla giustizia.
Prima di ogni altra cosa, viene spontaneo chiedersi come sia possibile che tre gradi di giudizio si siano espressi il primo per la assoluta colpevolezza, gli altri due per  innocenza.
Com’è possibile che gruppi diversi e tutti qualificati  di esperti delle indagini e del diritto, di giuristi, che, esaminando gli stessi fatti e circostanze, le stesse prove, le stesse dichiarazioni, possano giungere a conclusioni opposte?
Ma insomma, si chiede il cittadino medio, Berlusconi quei fatti  li ha commessi oppure no? Sapeva che Karima El Mahroug, in arte “Ruby Rubacuori” era o non era la nipote di Mubarak?
Sapeva oppure no che  “Ruby Rubacuori” era minorenne allorquando la ospitava a pagamento nelle sue faraoniche dimore?
Ha indotto o meno le ragazze che ospitava nelle sue dimore alla prostituzione, pagandole lautamente?
Ha comprato oppure no le ragazze che partecipavano ai suoi festini per farle testimoniare il falso?
Ha operato oppure no la concussione nei confronti del Funzionario di Polizia che, per legge, avrebbe dovuto affidare Ruby ad una casa famiglia, ma, sulla spinta della telefonata dell’allora Presidente del Consiglio, scomodatosi da Parigi dove era per motivi istituzionali, l’affidò, invece, all’onorevole regionale Nicole Minetti che la prese in carico e la portò a casa di una prostituta?
Insomma, qual è la verità? E qual è la giustizia?
In definitiva è stata fatta veramente giustizia?
Ma se questa giustizia è così controversa in una vicenda tanto eclatante, che ha tenuto inchiodati i cittadini per anni dinanzi agli schermi televisivi, o alla radio, o che ha fatto fare indigestioni di letture di giornali, in una vicenda che, per la sua visibilità, ha tenuto la giustizia italiana sotto le macchine radiografiche della stampa mondiale; se questa giustizia sembra tanto “ingiusta”, in un verso e nell’altro, per un caso tanto eclatante e nel quale sono state impegnate risorse inimmaginabili e coinvolti personaggi di grande livello e grande prestigio, noi, cittadini normali, eventualmente presi in un simile maccanismo, ma privi di quelle ingenti risorse che, certamente, hanno fatto pendere il giudizio nell’uno e nell’altro verso, cosa potremmo sperare?
Se la macchina della giustizia è il tritacarne che determina risultati così controversi in casi di così grande risonanza, noi cittadini normali, eventualmente coinvolti in un caso analogo, da quel tritacarne come potremmo venire fuori?
E’ fin troppo facile giustificare il tutto con la tesi che lo stato di diritto può portare a questi paradossi, e che la semplice considerazione che, proprio per l’esito diametralmente opposto dei tre gradi di giudizio, il cittadino è doppiamente garantito, prima che siamo tutti uguali di fronte alla legge, Il più potente e il più umile, e poi che proprio le opposte pronunce fanno comprendere come i magistrati siano indipendenti ed esercitino il loro ruolo con assoluta imparzialità.
Il cittadino normale vorrebbe, invece, sapere perché una persona che certamente, come il suo stesso difensore ha annesso, ha commesso quelle azioni, viene assolto definitivamente perché non è dimostrato che sapesse, perché non è dimostrato che operasse concussione.
E va pure bene ciò che hanno detto i Vescovi: l’assoluzione da una presunta colpa o da un presunto delitto non ha nulla a che vedere con il giudizio morale nei confronti della stessa.
Ma il cittadino comune si sente comunque tradito da decisioni che sembrano annullare fatti e circostanze certamente non facili da digerire all’epoca in cui si sono svolti e anche a distanza di tanti anni.
Forse è voler pretendere troppo, ma i cittadini vorrebbero più una giustizia della verità che una verità (???) della giustizia.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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