Il ciclo messo in scena al Diana da Teatro Grimaldello e Noceracconta ha visto come ultimo lavoro quello di Igor Canto e Cristina Ricupito, dedicato al giudice palermitano assassinato dalla mafia

di Maria Giovanna Ruggiero

Si è conclusa ieri la rassegna teatrale ‘Di Segnato Tempo’ con lo spettacolo ‘L’ultimo istante’, dedicato a Paolo Borsellino visto come uomo e come giudice. Una suggestiva messa in scena scritta e diretta di Igor Canto e Cristina Recupito, che ha saputo rievocare l’intensa vita di un uomo che ha fatto del suo lavoro una missione per redimere una terra amata dai suoi aspetti meno nobili. Mentre sullo schermo scorrono le sequenze della vita di Borsellino, scandite passo dopo passo per rafforzarne il valore, sul palco appaino i simboli della Sicilia, dalle arance ai vasi di terracotta: una terra prolifica è ugualmente assassina. Ad incorniciare la scena una serie di donne, proprio come quelle che segnarono il cammino del giudice e che tanta parte ebbero nella sua vita. Una madre consumata dal dolore che accorre verso il corpo straziato del figlio, senza perdere un briciolo di dignità, come le più coraggiose eroine delle tragedie greche. Che piange dimessa e giura vendetta. Una figlia che ricostruisce da grande la vita condotta da bambina, all’ombra e sotto la continua protezione per assecondare la missione del padre. Una moglie che attende quasi impaziente la morte del compagno per mettere fine ad allo stillicidio dell’attesa che ciò, inevitabilente, succeda. La rappresentazione è stata anche una lunga e minuziosa didascalia della mafia, fenomeno tanto antico quanto attuale che combatte le istituzioni ma, purtroppo, da tempo e troppo spesso si identifica con le stesse. Tra le danze popolari si leva la voce di Paolo Borsellino che, nonostante l’imparita’ della lotta, non perde la voglia di combattere. Un uomo che non riesce a odiare una terra dura, che diventa ancora più ostica per chi vuole fare l’eroe; che invoca il libeccio perché possa spazzare via gli orrori dei disonesti e rimpiange i tempi dell’infanzia, quando vincere era ancora una cosa semplice. La consapevolezza del male che si insinua, che si annida nei posti più oscuri e vicini non fa perdere il coraggio di portare a compimento una missione di giustizia, che diventa un manifesto di profonda dignità e una corsa alla verità che può essere esclusivamente condotta dagli uomini di libertà. Nella sua lotta alla mafia diventa ancora più saldo il sentimento di amicizia che lo lega a Falcone e anzi sopravvivere alla sua morte lo convince ancor più della necessità di combattere con fermezza perché solo “chi non ha paura muore una volta sola”.

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