Riproposta la performance di Antonio Grimaldi ispirata a “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, uno dei più travagliati lavori cinematografici di Pier Paolo Pasolini
di Maria Giovanna Ruggiero
Si è tenuta ieri la seconda serata della rassegna “Di Segnato Tempo“, nel corso della quale il Teatro Grimaldello ha proposto la sua performance ‘Vietato Porno Amen‘.
Lo spettacolo vero e proprio è stata preceduto da un intervento del collega giornalista Davide Speranza, che ha introdotto il tema offrendo ai presenti la lettura, o meglio ancora una sua partecipata interpretazione, di brani tratti da alcuni articoli di Pasolini, apparsi sul Corriere della Sera negli anni ’70, in cui il grande regista, poeta, intellettuale si addentrava in riflessioni profonde sullo Stato di allora, elevando la sua voce contro il potere assoluto del consumismo mutuato nel nostro Paese dalla cultura statunitense. Le sue critiche serrate non sono avulse dalla realtà contemporanea, ma anzi evidenziano le brutture e le corruzioni dello Stato e il decadimento dei dogmi religiosi che sono gli stessi di oggi in cui l’autore riesce a “immaginare tutto ciò che si sa e che si tace”. Subito dopo ha preso la parola Elio Goka, che si è soffermato sul film di Pier Paolo Pasolini “Salo’ e le 120 giornate di Sodoma” a cui è stata ispirata la performance di Antonio Grimaldi. E’ stata una pellicola dalla convulsa storia, per la quale il produttore viene costretto alla reclusione e il film più e più volte censurato, fino ad arrivare ai più vicini anni ’90 in cui viene finalmente e integralmente trasmesso. La spietata avversione alla trama era senz’altro dovuta ad una – nemmeno tanto velata – critica al potere, che viene messo a nudo in tutto la sua essenza assoluta e prevaricatrice. E lo spettacolo ” Vietato Porno Amen” ripropone una lettura flash dell’opera, in un intriso dei più profondi e intensi spiriti pasoliniani, in cui leggere un animo inquieto che ne racconta altrettanti. Il dramma, che della vita stessa fa parte, fa da sfondo a tutta la vicenda in cui si sente forte il desiderio di esaltare le circostanze più perverse dell’esistenza, rendendole in qualche modo legittime. Così fa, in una forma a dir poco esasperata, nelle 120 giornate di Sodoma, a cui l’opera teatrale evidentemente s’ispira, in cui l’eros più sfacciatamente bruto viene fuori in un gioco di assurda sudditanza fisica. La sceneggiatura, sullo sfondo scenico virtuale del Giudizio Universale di Michelangelo, è un continuo alternarsi di riti sessuali, in cui giovani vittime vengono sodomizzate da Signori all’esasperante ricerca di soddisfare i propri appetiti sessuali. In un susseguirsi di strazianti sottomissioni e spietati obblighi i giovani si concedono a orge disumane in cui si consumano facili torture e uccisioni rituali. Una cruda rappresentazione di una realtà immaginata o forse anche vissuta, che si sporca di immagini e contenuti che l’animo spesso rifugge e si realizza sulla scena legittimando il sesso come brutalità e raccontando spietatamente la caduta di valori e i giochi di potere e sottomissione in un linguaggio emotivo di assoluta freddezza e lucidità.