Addio per sempre, caro vecchio dolce Natale. Affogato nel silenzio raccolto e mistico della neve e del freddo, guanti di lana, suono di cornamuse e di zampogne scese dai monti di Avellino con giacche di velluto a coste, volti rubizzi degli zampognari per i bicchieri di vino tracannati già a mezzogiorno, spesso unico compenso per la novena suonata davanti all’albero o al presepe. Bimbi parlanti, madri indaffarate, padri mezzoubriachi, nonni tabaccosi (non sia mai fumare in presenza dei bambini) nonne intente a strascinare gli occhi sul marmo bianco, anguille e capitoni, struffoli fatti in casa, stelletelle sfrigolanti e abbacinanti, pastori che escono dalle ceste con un braccio spezzato rattoppato alla meglio con la colla di falegname, chi ha fame che strilla “ma quando si mangia”, mentre aleggiano per le strade i Christmas songs di Bing Crosby e Nat King Cole.
Mò che casino! Enormi casse elettroniche piazzate ad ogni angolo in mezzo ai tavolini dei bar stracolmi di gente sparano nell’aria terrificanti frastuoni di chitarre elettroniche batterie e tastiere, file interminabili come formiche sfilano incessantemente avanti e indietro a una mano biccheri di plastica mezzo traboccanti di bitter, all’altra l’iphone, meglio se il tablet, si scontrano si baciano, tre volte che fa tanto chic, auguri auguri ci vediamo e via. Gli anziani strisciano muro muro per non essere travolti, i bambini strillano dalle carrozzine, chi ha l’olfatto allenato avverte qua e là spifferi di spinello.
Appaio, chatto ergo sum. “Mi piace, non mi piace” senza che sia necessario dire perché.
Non sono un conservatore né un un laudator temporis acti, anzi sono un futurista, abbasso la nostalgia, non sto a dire se c’è un meglio e un peggio, i fatti sono storia e la storia non si giudica, semmai la si spiega per tentare di capire perché accadono certe cose e non altre e come potrebbe essere ciò che accadrà in futuro, anche se non ho la fantasia di un Jules Verne per immaginare che cosa ci sarà in via Barbarulo e Garibaldi e Matteotti nel 2030. Di certo non ci sarò per vederlo e, sinceramente, un po’ mi dispiace, perché vi dirò che più invecchio e più mi piace imparare, soprattutto parlare coi giovani per capire dove va il mondo, e che ne sarà di quelli che oggi sono bimbi.
Bisogna fare molta attenzione. E’ il suggerimento che mi sento di dare ai giovani di oggi: fare attenzione, dismettere la superficialità, un po’ meno internet e televisione, un po’ più di riflessione e introspezione.
Tanti auguri con due baci.
Aldo Di Vito